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di Riccardo Francovich

       

Premessa

L'interesse verso l'uso dello strumento informatico da parte degli archeologi medievali dell'Università di Siena si è sviluppato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia a partire dalla seconda metà degli anni ottanta e aveva come obiettivo quello di rendere agevole la gestione di una vastissima quantità di dati, di natura diversa, con i quali gli archeologi del medioevo facevano e fanno quotidianamente i conti [1]. Il rischio di mandare disperse, o non utilizzare al meglio, informazioni estrapolate da tipi di fonti estremamente diversificate è un pericolo corso concretamente da chi praticava le metodologie analitiche dell'archeologia stratigrafica e della ricerca estensiva: soprattutto quando il lavoro archeologico, che si spostava allora radicalmente dalla dimensione storico artistica ed erudita a quello di un confronto serrato con la prospettiva storiografica, doveva essere in grado di elaborare campioni quantitativamente e qualitativamente significativi.

Erano inoltre, quelli, anni nei quali, a Siena, si usciva da una intensa e fortunata stagione di rinnovamento delle metodologie della ricerca archeologica che stava 'dilagando' in tutta Italia. Si trattava di una stagione che aveva visto attivi nella nostra facoltà alcuni dei protagonisti della cultura archeologica e storico artistica, da Andrea Carandini a Giovanni Previtali. Entrambi, pur nella diversità degli approcci, ci avevano abituati a guardare con attenzione ad ogni segnale di novità che avrebbe potuto contribuire a razionalizzare e a rendere più sistematica la gestione della ricerca. Giovanni Previtali, che rivendicava con acribia la tradizione 'vasariana' del proprio lavoro e niente affatto disposto ad abdicare alle sensibilità soggettive, guardava con grande interesse a quanto si stava, in quegli anni, introducendo in termini di innovazione tecnologica nella tradizione degli studi storico artistici, soprattutto in strutture di ricerca anglosassoni. Giovanni non fece in tempo ad introdurre e a costruire nella sua area di ricerca quelle nuove prospettive di gestione dell'informazione storico artistica, ma era curioso e soddisfatto se altri, in aree vicine, erano in grado di sperimentare il nuovo, anche se, in vero, qualche segno di insofferenza era percepibile: ma con gli archeologi medievali, che operavano nel suo istituto, si rapportava con una disposizione che riusciva talvolta a superare la tolleranza.

Nell'area di archeologia medievale si era percepito allora l'impossibilità di rinunciare alle risorse messe a disposizione dal progresso tecnologico, ma non disponevamo ancora degli strumenti di base per operare e sperimentare con la dovuta profondità, sia per mancanza di mezzi che di risorse umane. D'altronde la tradizionale chiusura degli ambienti umanistici nazionali aveva creato un'arretratezza già macroscopica a confronto con molte aree della ricerca archeologica europea, nello specifico particolarmente significativa con quella francese, e costituiva, come d'altra parte costituisce ancora, una forte remora all'ottimizzazione degli strumenti a disposizione. Al proposito è particolarmente significativo richiamare l'insuccesso di un qual si voglia progetto organico di inventariazione del patrimonio archeologico a livello nazionale, nonostante il largo investimento operato nel settore dal Ministero dei Beni Culturali, a partire dagli insuccessi delle iniziative nate con i finanziamenti erogati nell'ambito dei progetti sui cosiddetti 'giacimenti culturali'.

Comunque l'incontro della ricerca archeologica italiana con la computer science si rivelava un rapporto ancora non risolto e coglieva quasi di sorpresa un ambiente scientifico ancora intento a perfezionare la sua metodologia di ricerca; provare a 'flettere' alle esigenze della disciplina gli algoritmi, le applicazioni e le strategie sviluppate nell'informatica pura rappresentava di fatto un'impresa difficile [2].

In quel periodo si aspettava l'impiego del calcolatore come una sorta di magico strumento per la soluzione dei problemi connessi alle esigenze di uniformare ed accelerare la registrazione dei dati e di semplificarne la consultazione. Ci si augurava inoltre il superamento di operazioni ripetitive nella pratica dell'archeologia attraverso l'automatismo (per esempio la costruzione del matrix).

Dopo un decennio ci siamo resi conto di quanto limitata fosse la conoscenza delle potenzialità dello strumento informatico, il concetto stesso di multimedialità era ancora lontano da essere percorso efficacemente, e nello stesso momento il nostro grado di alfabetizzazione non ci autorizzava ad usare al meglio i personal computer. Una delle grandi difficoltà inoltre era costituita dal fatto che stavamo cercando un rapporto con una tecnologia che proprio in quella fase subiva una lenta, ma inesorabile, fase di trasformazione.

Guardavamo agli informatici come ad una sorta di alchimisti dai quali ottenere la cura per i nostri mali ed al computer come ad una macchina capace di restituire velocemente il risultato richiesto.

La situazione veniva complicata da esempi di realizzazioni di sistemi informativi territoriali provenienti soprattutto dall'esterno. In particolare la tecnologia GIS (Geographical Information System), al di là delle poche nicchie dove trovava forme di applicazioni già avanzate [3], trovò (e trova) un ambiente che, nella quasi totalità dei casi, non solo doveva costruire le proprie banche dati, ma non aveva ancora le idee chiare delle cognizioni informatiche imprescindibili per realizzare, interrogare e fare parlare una piattaforma del genere. Pensiamo per esempio allo smarrimento di fronte al confronto fra le sigle GIS e SIT (sistema informativo territoriale). In molti hanno creduto per lungo tempo a due diversi tipi di gestione: il primo come uno strumento capace di gestire i dati e trasformali in informazioni storiche e 'predittive' della resa archeologica, il secondo come semplice banca dati geografica per amministrare la risorsa archeologica di un territorio definito.

Contrariamente a quanto accaduto negli Stati Uniti ed in Inghilterra, dove l'archeologia ha potuto disporre di esperienze di avanguardia nel campo dei sistemi di informazione geografica [4], le applicazioni GIS non hanno sinora goduto, nonostante il gran parlarne, di una generalizzata diffusione nell'archeologia italiana [5].

La ragione del ritardo italiano è forse da ricercare anche nella relativa novità dello studio dei paesaggi storici ed in generale della dimensione territoriale e geografica della ricerca archeologica rispetto alle altre tradizioni. Più probabilmente lo sviluppo di sistemi GIS, richiedendo una forte assimilazione delle basi informatiche, trova nel nostro paese un ostacolo nella mancanza di una massiccia diffusione nelle strutture di ricerca del calcolatore come strumento collettivo e cumulativo di lavoro interdisciplinare.

è vero che in quegli anni la tecnologia GIS forniva strumenti che non apparivano immediatamente utili agli archeologi, costringendoli al dialogo con specialisti o a dover compilare i necessari algoritmi di programmazione (i primi pacchetti software, come ArcInfo, Moss, Grass, Idrisi, sono stati commercializzati più tardi); ma è altrettanto vero che le resistenze delle scuole archeologiche mediterranee (ad eccezione dei francesi) verso una prospettiva rivoluzionaria, ha causato un forte ritardo nello sviluppo di tali strumenti ed una grande incertezza circa le loro potenzialità. Esisteva in definitiva un forte problema di adeguamento ai tempi di informazione sulle esperienze internazionali ed anche di conoscenza dello stato di avanzamento della tecnologia.

Oggi la situazione è molto cambiata: la rivoluzione digitale ci sta traghettando nel terzo millennio attraverso nuove forme di comunicazione, gestione e condivisione dell'informazione. Il progresso tecnologico, l'allargamento ad una sempre più ampia fascia di pubblico dei contenuti della nostra disciplina, l'annullamento del rapporto spazio-tempo prodotto dalle reti telematiche e dalla nascita del villaggio globale, hanno costretto anche le scienze umanistiche a confrontarsi con i computer. Alcune aree dell'archeologia non sono rimaste estranee a tali dinamiche ed hanno intrapreso attivamente percorsi, talvolta originali, con esiti diversificati tra nazioni ed anche all'interno di ogni singolo paese. Nell'esperienza italiana l'area dell'archeologia medievale si è proposta come un terreno di sperimentazione avanzata.

   

1. Dall'informatica applicata ai beni culturali all'uso archeologico della risorsa informatica

Per quanto concerne l'esperienza che stiamo conducendo nell'ambito del Laboratorio informatico della cattedra di Archeologia medievale di Siena, il terreno sul quale avevamo deciso di operare, cioè la creazione di un sistema di gestione globale della documentazione archeologica, è ancora oggi alla base delle nostre sperimentazioni. Sono però cambiate le scelte operative: abbiamo ormai da anni cessato di cercare interlocutori in società specializzate per ricevere un prodotto 'chiavi in mano', e siamo noi stessi, o meglio, i nostri studenti avanzati e i neolaureati, che lo costruiscono. Infatti la considerazione che possiamo fare è che il nostro rapporto con i professionisti dell'informatica non ha portato ad alcun esito positivo.

Alla fine degli anni ottanta dovevamo ancora passare attraverso una lunga fase di sperimentazione; dovevamo alfabetizzarci in termini di conoscenza dei sistemi operativi e raggiungere un livello di utenti di fascia alta dei programmi e dei linguaggi di programmazione per potere produrre risultati tangibili. Oggi è chiaro che la passiva adozione di programmi preconfezionati avrebbe avuto come conseguenza quella di disporre di un sistema calibrato su macchine e su software inadeguati e non resi flessibili ai sempre nuovi bisogni della ricerca sperimentale, senza ricorrere continuamente all'intervento degli analisti. Un sistema cioè destinato a divenire obsoleto di fronte all'eventualità di una non rinnovata collaborazione con informatici o nell'assenza di risorse economiche per attivarla.

Gli archeologi si sarebbero limitati a riempire di contenuti le banche dati ed effettuare le operazioni illustrate da un manuale o da un help in linea. Tutto ciò è stato evitato. Invece, la necessità di dovere gestire agevolmente masse di dati sempre più ampie, di produrre risultati ed avviare processi interpretativi attraverso l'uso di strumenti nuovi di elaborazione, ha permesso di iniziare un lungo cammino, che ha portato poi alla costituzione nell'ambito dell'insegnamento di Archeologia Medievale di un laboratorio stabile di informatica applicata e di nuove figure professionali cresciute al suo interno.

In sostanza la soluzione cercata dieci anni orsono è stata trovata attraverso la crescita, in termini di alfabetizzazione informatica, degli stessi archeologi. Si è trattato di investire nel progetto risorse umane, mettere in grado un gruppo di persone di formarsi lavorando e sperimentando, confrontando inoltre i punti di arrivo raggiunti con quelli di altre unità operative nella nostra area disciplinare.

Oggi operiamo su varie tecniche ed applicativi, tra i quali: il processamento al calcolatore di qualsivoglia immagine e di foto aeree, la gestione GIS di scavi e territori, l'inventariazione multimediale della risorsa archeologica, la modellazione 3D, rendering fotorealistico e animazione per strutture e reperti, morphing delle strutture individuate tramite scavo, videodocumentazione elettronica [6], catastazione e gestione CAD dello scavo, ambientazioni QuickTime VR, catastazione e gestione CAD di monumenti, editing e gestione dei filmati, produzione di ipertesti, di movies multimediali ed ipermediali, programmazione, creazione siti e pagine web [7].

I collaboratori del Laboratorio sono in grado di gestire ognuna delle fasi del processo di trattamento dei più diversi dati, dalla sua elaborazione fino all'uscita all'esterno sia per la comunità scientifica, sia per la rete. L'effetto conseguito, ha investito i diversi gruppi di ricerca, tanto che buona parte degli scavi e delle indagini di superficie della nostra area di ricerca vengono archiviati e gestiti omogeneamente all'interno di un unico sistema. Si tratta di un'esperienza finalizzata a sperimentare forme di accumulo collettivo di informazioni e di 'saperi', capace di rendere la massa dei dati acquisiti, materiali utilizzabili per ogni forma di analisi e di elaborazioni.  Siamo cioè in grado di gestire una massa di dati utili ad un'interpretazione delle forme di occupazione e di uso del suolo e di storia della cultura materiale significativamente capace di integrarsi e confrontarsi con le interpretazioni costruite sulla base dei documenti scritti e dell'iconografia.

Cinque sono stati essenzialmente i fattori concomitanti nello sviluppo di questa strategia:

a. un mercato che permette di acquisire macchine, periferiche e software sempre più potenti e più solidi, a costi accessibili;

b. una tecnologia connotata da una filosofia di base che rende possibile mettere in grado chi la usa di divenire 'esperto' e crearsi la propria soluzione;

c. la scelta di fare specializzare un gruppo di lavoro e quindi poter disporre di archeologi con sufficienti conoscenze informatiche, tali da poter orientarsi e sfruttare tutte le possibili potenzialità degli strumenti;

d. avere trovato un equilibrio fra la costruzione della documentazione archeologica e l'uso flessibile dei sistemi di gestione dei dati;

e. ottimizzare la tecnologia non solo come mezzo di archiviazione sul campo ed in laboratorio, ma anche come mezzo di ricerca e produzione di nuove informazioni. 

   

2. Verso un sistema di gestione globale delle informazioni archeologiche e dei beni culturalI

La ricerca archeologica soffre di mali che colpiscono a diversa profondità le unità di ricerca: una di queste patologie è rappresentata dal fatto che le informazioni non circolano per i lunghi tempi di costruzione ed elaborazione della documentazione. E questo si accompagna ad un atteggiamento che vede molti addetti ai lavori trattare come loro 'proprietà' esclusiva i dati, che assai spesso non vengono resi disponibili alla collettività scientifica. Il calcolatore permette di mettere a disposizione dei ricercatori in tempi strettissimi attraverso la rete i dati prodotti nelle indagini e quindi dare la possibilità di consultare la documentazione e renderla oggetto di critiche e di reinterpretazioni; inoltre permette agli organi di tutela (che a loro volta dovrebbero fare altrettanto) una possibilità di verifica assai più agevole.

Infine risolve l'antico e costoso problema della pubblicazione. La costruzione in proprio di siti internet [8] e di prodotti ipertestuali o multimediali abbatte decisamente i costi di socializzazione dell'informazione archeologica. Gli alti costi della stampa di impegnative edizioni di scavo potranno fortemente ridursi e limitarsi all'edizione di elaborazioni interpretative e a sintesi, lasciando agli archivi relazionali il compito di assolvere la funzione di banca dati di supporto.

Il DBMS (Data Base Management System) relazionale costruito per gli scavi della nostra area di ricerca, ma estendibile ad ogni esperienza di scavo, si configura come una base dati flessibile realizzata in FileMaker Pro; è composto dagli archivi alfanumerici dello scavo (schede US, reperti, schede antropologiche, schede osteologiche animali, ecc.), e da una serie di indici relazionali. I primi consentono l'inserimento, la modifica, l'eliminazione e l'interscambio dei dati. La consultazione invece può avvenire in ogni singolo archivio limitatamente ai dati in esso contenuti. Mentre l'ambiente relazionale, implementato attraverso gli indici ricordati (ad esempio per US, periodo, periodo/fase, settore, quadrato, struttura, definizione US, classe di reperti, ecc.), permette una visualizzazione immediata ed efficace dei dati di tutto lo scavo.

La base di dati è dotata di un'interfaccia utente propria, realizzata combinando ScriptMaker (il linguaggio residente) con Applescript applets; questa consente un'indipendenza quasi completa dall'applicativo (i comandi di FileMaker vengono utilizzati solo nei rari casi di opzioni non previste dall'interfaccia propria quali formati scheda non contemplati, esportazioni non ordinarie, ecc.) e prevede tutti i controlli e le verifiche necessarie durante l'immissione dei dati. In questo modo si facilita l'uso ad utenti meno esperti, si uniformano le schede mantenendo al contempo le funzioni ordinarie di FileMaker nel caso della necessità di un utilizzo elastico e 'manuale' dei dati.

La documentazione grafica viene archiviata in data base appositamente creati per la gestione di media: quello che maggiormente impieghiamo è Cumulus, uno strumento particolarmente adatto per lavorare con grafica e file multimediali; i documenti che ne fanno parte non sono inseriti in un unico file, ma vengono ricercati dallo stesso database nelle loro diverse collocazioni; alle immagini, rappresentate in una galleria di miniature (e visibili a grandezza naturale con un semplice doppio click), sono associabili uno spazio descrittivo e una serie di chiavi che permettono visualizzazioni per soggetti; nell'ultima versione del programma è possibile anche l'immissione e la consultazione in Internet degli archivi. Tutti gli archivi (grafici e multimediali) di ogni scavo confluiranno in due unici grandi archivi, dove saranno contenuti tutti insieme i dati prodotti nelle diverse ricerche.

La piattaforma GIS invece, oltre a permettere una consultazione generale e dettagliata del contesto (ricerche complessive, mirate, con variabili), l'effettuazione dei più disparati calcoli (medie, estensioni, distanze ecc.), l'uscita in stampa di piante tematiche (periodo, fase, distribuzione dei manufatti ecc.), offre la possibilità di sperimentare tentativi di simulazione concernenti le strutture nel sottosuolo; questo nuovo tipo di interrogazione, basato su quanto emerso dallo scavo di Poggibonsi in combinazione con i risultati delle molte indagini preliminari (12 ettari di terreno 'setacciati' tramite ricognizione e studio di foto aeree prese a scale diversificate in più stagioni, ricerche geoarcheologiche ed archeometriche) sta fornendo suggerimenti per l'interpretazione aprioristica dell'insediamento e per l'orientamento dei nuovi settori da aprire. 

    

3. Il sistema di gestione delle informazioni archeologiche fra ricerca, politica del territorio e comunicazione

Ciascuna delle basi informative può essere consultata separatamente, ma soprattutto può essere relazionata alle altre attraverso un'architettura di sistema basata su un'interfaccia di programmazione chiamato OpenArcheo [9] che funge da supervisore, con il collegamento relazionale immediato e multidirezionale, e da qualunque base dati, tra tutti i dati georeferenziati e i diversi archivi generati dalla loro inventariazione: e questo è stato prodotto dagli stessi archeologi.  Il sistema è stato sviluppato ancora in questi ultimi anni e mesi, andando a gestire tutte le ricerche che si stanno conducendo nell'ambito delle attività dell'insegnamento di Archeologia Medievale, ma è previsto anche il 'riuso' di scavi ormai conclusi.

In particolare la scelta si è basata sulla sperimentazione di più basi GIS, da trasformare in soluzioni GIS ipermediali, in un dialogo diretto ed interagente anche con l'esterno attraverso bridge di script. Questa piattaforma rappresenta il mezzo di gestione del dato estensivo (analisi su scala regionale e/o su contesti comunali o provinciali) e puntiforme (scavi) inseriti ed a loro volta gestiti per mezzo di altre soluzioni GIS.

Il sistema permette di consultare l'intera documentazione e comprende attualmente le seguenti piattaforme GIS per dati estensivi:

- Castelli scavati in Italia: registrazione georeferenziata, alfanumerica e raster delle informazioni edite;

- Progetto siti d'altura della Toscana (sviluppato nell'ambito della collaborazione con il gruppo Bassilichi: si tratta probabilmente della più grande carta archeologica esistente a livello regionale; consta di oltre 2000 castelli ed oltre 4.000 anomalie su foto aerea; registrazione georeferenziata, alfanumerica e raster [10];

- Stiamo inoltre impostando due ulteriori piattaforme GIS corredate dai loro archivi alfanumerici e multimediali: cioè l'Atlante dell'edilizia altomedievale europea e l'Atlante dell'edito di Archeologia Medievale;

- Carta archeologica della Provincia di Siena (dati puntiformi e rinvenimenti perimetrati);

- Carta archeologica della Provincia di Grosseto;

- Carta archeologica della diocesi di Massa e Populonia;

- Carta archeologica di Siena città contenente anche lo scavo del S.Maria della Scala;

- Carta archeologica di Grosseto città.

Per la scala micro (con archivi alfanumerici e multimediali, con prodotti multimediali illustrativi):

- scavo di Poggio Imperiale a Poggibonsi (SI);

- scavo di Rocca S.Silvestro (Campiglia M.ma-LI);

- scavo di Rocchette Pannocchieschi (Massa M.ma-GR);

- scavo della Rocca di Campiglia (Campiglia M.ma-LI);

- scavo della Rocca di Piombino (Piombino-LI);

- scavo di Selvena (GR);

- scavo di Castel di Pietra (Gavorrano-GR).

Questo insieme di lavori rappresenta una soluzione GIS ipermediale che permette di raggiungere contemporaneamente tre obiettivi: gestione di informazioni per la salvaguardia e per la tutela, accelerazione dei tempi d'indagine, elaborazioni sofisticate dei dati.

Per quanto riguarda l'inserimento della risorsa archeologica nelle politiche di tutela e valorizzazione del territorio, riusciamo oggi a produrre strumenti efficaci ed integrabili in tempi reali con i sistemi informativi territoriali di interesse urbanistico.

Fino dagli anni Settanta abbiamo sottolineato la necessità di costruire carte archeologiche destinate ad entrare nella gestione e nella progettazione territoriale delle amministrazioni locali e regionali; in realtà ci veniva richiesto di produrre cartografia analitica a scale differenziate, ma avevamo ancora strumenti estremamente poco flessibili, limitandoci ad implementare informazioni puntiformi su cartografia a scala ampia.  Oggi, con la perimetrazione georeferenziata delle diverse unità topografiche e con il loro inserimento nella stessa cartografia in uso nei sistemi informativi territoriali regionale, provinciali e comunali raggiungiamo definitivamente questo obiettivo. Adesso è possibile organizzare e progettare interventi sul territorio tenendo conto della risorsa archeologica georeferenziata nella sua estensione reale e allo stesso tempo è possibile avere un quadro amministrativamente significativo traslando le informazioni georeferenziate sulla cartografia catastale, o comunque alla scala desiderata.

Nella sperimentazione per costruire la piattaforma della Carta archeologica della Provincia di Siena, sono state calcolate le ore necessarie per realizzare manualmente ricerche tematiche: visualizzare, ad esempio, su carta i nuclei di popolamento e le strutture produttive di un determinato periodo storico posti ad una distanza minima da una rete viaria (che una piattaforma GIS esegue in pochi minuti), richiede all'interno di una banca dati di oltre 3000 siti un totale minimo di 42 ore; senza considerare che non sono stati conteggiati i tempi occorrenti per manipolare materialmente le grosse basi cartografiche 1:25.000 necessarie a ridurre in valori accettabili il grado di approssimazione.

Analisi più complesse, senza lo strumento informatico, si rivelano quindi proibitive. Così l'archeologo si trova a dovere rinunciare a tutta una serie di sperimentazioni e calcoli necessari per uno studio approfondito del territorio. Potendo viceversa interrogare dati archeologici e storici all'interno del nostro sistema, abbiamo in realtà aperto la via alla produzione di modelli sincronici e diacronici dell'insediamento di difficile, se non impossibile, realizzazione senza un uso evoluto del calcolatore. In questo ultimo anno in particolare sono state sviluppate analisi spaziali in relazione alle strutture religiose e alle forme insediative che si stanno dimostrando da un lato di grandissimo interesse nel quadro di una elaborazione storica dei diversi fenomeni e dall'altro fondamentali nell'orientamento delle ricerche future.

Recenti indagini sulla zona dei comuni senesi di Colle Val d'Elsa e Poggibonsi, hanno iniziato inoltre a mostrare le potenzialità del sistema come strumento di elaborazione dei record e di processamento dei sistemi insediativi [11].

Le funzioni sviluppate dai GIS offrono infatti all'archeologo una vasta gamma di soluzioni per analizzare e portare a modellizzazione le vicende del popolamento e dello sfruttamento del suolo.

La base di partenza sulla quale si sono mosse le analisi è l'applicazione dell'overlay topologico, che è una delle funzioni di maggiore utilità per l'analisi del territorio, permette la costruzione di piani cartografici costituiti dai livelli d'informazione geografico-ambientale predefiniti (geologia, morfologia, vegetazione, orografia ecc.) e dalla casistica di siti archeologici richiamata. Si realizzano così analisi sincroniche e diacroniche sovrapponendo i dati in successione.

Il riconoscimento dei sistemi insediativi territoriali si è fondato sull'applicazione di modelli teorici geografici nella lettura di situazioni archeologiche sincroniche; al loro interno il dato statistico viene trattato nella vasta gamma di relazioni e combinazioni permesse dal calcolatore [12].

In generale il processo interpretativo è stato finalizzato alla formulazione di nuovi modelli insediativi e nella verifica della loro trasformazione nel tempo; le tendenze accertate sono poi state comparate con modelli elaborati per altri contesti regionali.

Lo studio delle possibili reti di comunicazione è stato invece applicato per la Valdelsa altomedievale e medievale, collegandosi da vicino alla modellizzazione dei due central places. Abbiamo costruito una fitta trama di linee tipo polyline che collegano tutti quei siti ritenuti principali e gerarchicamente dominanti. Così per il X secolo sono stati collegati tutti i castelli e le curtes; per l'XI-XII secolo tutti i castelli. La sovrapposizione in overlay topologico della rete dei villaggi aperti ha fornito una prima verifica delle traiettorie più probabili ed allo stesso modo la successiva sovrapposizione della rete composta da chiese e monasteri ha ulteriormente tarato i modelli proposti.

Il confronto tra le diverse reti viarie delineatesi ci ha dato modo poi di ipotizzare le tendenze distributive del popolamento nel tempo e di osservare le tendenze attuatesi nella scelta degli spazi da occupare, di ipotizzare quali insediamenti potevano svolgere un ruolo di centri nodali (raccordo di più direttrici per l'immissione sulle arterie principali: Francigena e Volterrana). La taratura effettuata poi sovrapponendo la cartografia IGM con gli shape delle polyline (controllando convergenze o discrepanze con la viabilità odierna ed adattando le direttrici alla morfologia del paesaggio) ci ha permesso di eliminare i collegamenti sicuramente falsi e tracciare una nuova cartografia della viabilità connotata da un buon grado di attendibilità. Il periodo compreso tra XI e XII secolo si è prestato ottimamente ad un'operazione del genere.

La sequenza pratica della ricerca, impostata sul software ArcView, ha visto quindi il seguente andamento:

- suddivisione in cronologie (queries sugli schedari e creazione di temi);

- individuazione di categorie di siti (ricerca sui temi della cronologia in base alle caratteristiche strutturali dei siti);

- comprensione delle tendenze distributive sul territorio (temi relativi alle diverse componenti insediative divise per cronologia in relazione alla posizione, alla geologia, alle quote, alla distanza dai corsi d'acqua);

- relazioni tra i diversi siti (rapporti interni di carattere gerarchico tra i diversi tipi di insediamento: se accentrato, o sparso, o per piccoli nuclei);

- applicazione di modelli geografici (verifica delle relazioni ipotizzate);

- taratura del risultato sul dato paesaggistico reale (adattamento delle forme prodotte sulla realtà paesaggistica);

- ipotesi sulla ripartizione funzionale (spazi coltivati-spazi incolti) all'interno dei poligoni tracciati (relazione tra rete insediativa e geologia/morfologia);

- taratura dei modelli sul dato storico (seconda taratura sulla base di variabili gerarchiche ed insediative);

- formulazione definitiva del modello;

- predittività tramite applicazione dei modelli sull'intero spazio territoriale indagato;

- sintesi interpretativa descrittiva.

In conclusione, questo nuovo modo di proporre i risultati di un'indagine territoriale e la trasposizione dei modelli prodotti all'interno di situazioni storiche facendo incrociare piani di informazione spaziale orizzontale con piani di informazione verticale, è solo l'inizio dell'esperienza. I lavori che utilizzeranno parametri diversi vedranno l'applicazione di una più ampia gamma di analisi spaziali, sui quali stiamo lavorando anche in accordo con il Dipartimento di Storia della nostra facoltà, dove le ampie ricerche socio demografiche a livello regionale impongono un uso integrato di data base e sistemi GIS.

L'interrogazione della base GIS costituisce quindi uno strumento di analisi e di interpretazione dalla quale gli archeologi potranno difficilmente prescindere. Infatti non solo ci permette di ricostruire sincronia e diacronia delle reti/organizzazioni insediativo-produttive confrontando ed integrando (rendendoli cioè interagenti) diversi tipi di analisi, ma al tempo stesso ci fornisce gli strumenti per una corretta valutazione e gestione del potenziale rischio archeologico nei contesti territoriali.

Oltre questo lo strumento informatico con la possibilità di una trasposizione dei dati in rete permette di far percepire ai non addetti ai lavori i processi di avanzamento della ricerca in tempi quasi reali. Con l'aiuto inoltre del lavoro grafico ricostruttivo, alla cui definizione l'interpretazione soggettiva dell'archeologo continua ad essere imprescindibile, la comunicazione archeologica potrà raggiungere livelli di qualità fino ad ora insperati.

Uno degli esiti quindi di quei grandi mutamenti metodologici iniziati oltre venticinque anni orsono nell'ambito delle discipline archeologiche, quando il concetto di stratigrafia e di contesto hanno imposto di fare i conti con la dimensione territoriale e quantitativa della materialità della storia, è stato quello di dover affinare i metodi e gli strumenti della ricerca, attraverso ad esempio l'adozione sistematica di schede formalizzate per la raccolta dei dati, dallo strato alla struttura, dai materiali mobili a quelli organici. In questo quadro l'uso esteso dell'informatica si sta configurando come un momento imprescindibile di questo grande mutamento. E ancora una volta ciò che stupisce è la lentezza con la quale le strutture dell'archeologia di Stato rispondono alla diffusione di quei mezzi che permetterebbero trasparenza ed efficacia di gestione, nonostante l'enorme investimento pubblico che nel settore è stato fatto, mentre le piccole e inadeguate aree dei centri di ricerca si stanno dimostrando potenzialmente adatte al cambiamento dei tempi.



1 R. Francovich, Dalla teoria alla ricerca sul campo: il contributo dell'informatica all'archeologia medievale, «Archeologia e Calcolatori», I, 1990, 15-27

2 Cfr. M. Valenti, La gestione informatica del dato; percorsi ed evoluzioni nell'attività della cattedra di Archeologia Medievale del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti-Sezione archeologica dell'Università di Siena, in «Archeologia e Calcolatori», IX, 1998, 305-329.

3 Si veda soprattutto il caso di Roma: G. Azzena., Tecnologie avanzate applicate alla topografia antica, in M. Bernardi (a cura di), Archeologia del paesaggio. IV Ciclo di Lezioni sulla Ricerca applicata in Archeologia. Certosa di Pontignano (Siena), 14-26 gennaio 1991, All'Insegna del Giglio, Firenze, 1992, 747-765.

4 Cfr. G. Lock, Z. Stancic, Archaeology and Geographic Information Systems: a european perspective, London, Taylor & Francis 1995; K.M.S. Allen et alii, Interpreting Space: GIS and Archaeology, London 1990.

5 A. Gottarelli (a cura di), Sistemi informativi e reti geografiche in archeologia: GIS-Internet. VIII ciclo di lezioni sulla ricerca applicata in Archeologia. Certosa di Pontignano (Siena), 11-17 dicembre 1995, All'insegna del Giglio, Firenze 1997.

A. Gottarelli, Tecniche di documentazione dello scavo archeologico: introduzione alla videodocumentazione digitalizzata, in F. D'Andria (a cura di), Informatica e archeologia classica. Atti del convegno Internazionale. Lecce 12-13 maggio 1986, Galatina 1987.

7  M. Valenti, Computer Science and the management of an archaeological excavation: the Poggio Imperiale Project, in «Archaeological Computing Newsletter», L, Spring 1998, 13-20.

8  Il sito web del Laboratorio di Informatica Applicata all'Archeologia Medievale è consultabile all'indirizzo: http://www.archeo.unisi.it/archeologia_medievale/welcome.html

9  M. Valenti, La gestione informatica del dato cit.

10  R. Francovich, M. Ginatempo (a cura di), Castelli Medievali. Storia e archeologia del potere nella Toscana medievale, All'Insegna del Giglio, Firenze 2000.

11 M. Valenti, Carta Archeologica della Provincia di Siena, vol. III, La Valdelsa (Comuni di Colle Val d'Elsa e Poggibonsi), Nuova Immagine editrice, Siena 1999.

12 Per una rassegna di casi di studio relativi prevalentemente alla preistoria, si veda P. Moscati, Archeologia e calcolatori, Giunti, Firenze 1987, 125-131.

      

  

Riccardo Francovich, archeologo e medievista tra i più noti e apprezzati d'Europa, è deceduto in seguito ad un tragico incidente il 30/03/2007. Questo articolo, tratto da Studi in onore di G. Previtali, edizione digitale 2001, pubblicato nel sito www.archeologiamedievale.unisi.it, vuole onorarne la memoria

 


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