lunedì 19 febbraio 2007

Il castello di Taranto nei domini di Giovanni Antonio Del Balzo Orsini


Abstract del saggio apparso in "Galaesus. Studi e ricerche del Liceo Classico Archita di Taranto", n. XX (1995/96), pp. 53-63.


Il nuovo impulso ricevuto dalle ricerche sulle fortificazioni tarantine a partire dal 1992, ha contribuito a far compiere un enorme passo in avanti rispetto alle troppe ricostruzioni, alcune delle quali francamente insostenibili anche per quei tempi, che gli storici tarantini del secolo scorso e dell'inizio del '900 avevano fatto della storia del castello tarantino. È un dato ormai acquisito che il primo castello (inteso come struttura fortificata autonoma) a Taranto sia opera dei Normanni prima della formazione del regnum meridionale.


La nuova fortezza aragonese è stata dunque riedificata o riadattata nello stesso sito del castello normanno, un luogo che ha conservato, nel corso dell'intera storia tarantina, le caratteristiche strategiche peculiari per la difesa della città. Le vicende dei due principi di Taranto, Raimondello e Giovanni Antonio Del Balzo - Orsini, hanno un testimone d'eccezione: il castello che i Normanni edificarono e che gli Svevi e i primi sovrani angioini trascurarono, ignorando, per vari motivi, la sua manutenzione.


L'unione tra Maria d'Enghien e Ladislao D'Angiò, si rivelerà controproducente sia per la principessa sia per il futuro del principato. Ma in questa sede c'interessa esaminare un altro aspetto della vicenda: il fatto che il matrimonio fu fastosamente celebrato nella cappella situata all'interno del castello normanno. Un manoscritto dell'Archivio Dipartimentale di Marsiglia del 1406 riproduce il giuramento di fedeltà prestato assieme all'omaggio feudale da Maria d'Enghien, quale principessa di Taranto al sovrano Luigi II. Dopo la morte di Ladislao, avvenuta nel 1414, il Principato passò prima a Giacomo della Marca, marito della nuova regina Giovanna II, quindi, nel 1420, a Giovanni Antonio Del Balzo-Orsini il quale, dopo aver sposato nel 1417 Anna Colonna, nipote del papa Martino V, riebbe il principato di Taranto con l'appoggio della madre ed ebbe molta importanza a corte, attirandosi però l'ostilità di Giovanna II. Morto Giovanni Antonio, il principato passa a Isabella di Chiaromonte, nipote del principe deceduto.
Unendosi in matrimonio con Isabella, Ferrante I realizza, dopo una storia pluricentenaria, il definitivo passaggio alla corona del principato di Taranto, in piena sintonia con i Tarantini, che avevano immediatamente innalzato il vessillo del sovrano aragonese. È grazie all'inventario dei beni posseduti dall'Orsini, definito "più potente del re", databile tra il 1420 e il 1435, e a noi pervenuto grazie ad una copia napoletana, che possiamo fare il punto delle fortificazioni della città. L'università tarantina rivendica al principe inutilmente il proprio dominio su fortificazioni, artiglierie, munizioni da guerra per averle allestite a proprie spese. In realtà si tratta di adempimenti di prestazioni obbligatorie, alle quali la città è tenuta e per le quali è autorizzata ad avvalersi del contributo dei casali e dei baroni del territorio. Grande impulso riceve intanto la costruzione di torri e castelli. Per una volta soltanto nella sua storia, forse, la relativa "tranquillità" di Taranto, o il fatto che si ritenesse una città inespugnabile, prevalsero sulle ragioni strategiche: nella città ionica sembra non esserci traccia, riguardo alle fortificazioni, di interventi del suo ultimo principe.


Oltre il castello: la Torre Nuova e la gestione delle fortificazioni

Un documento tratto dal quaderno dei conti di Francesco de Agello di Taranto, razionale e uditore dei conti del principe Giovanni Antonio Orsini conservato presso l'Archivio di Stato di Napoli e datato al 1458, segnala le spese assegnate a Nuccio Camillo di San Pietro di Galatina, "gavarreto" (economo) "castri magni" di Taranto per quel castello. Ma alcune sorprese provengono dalle altre spese, riguardanti Letterio de Lavello detto castellano della "Turris Nova" e Domenico Abbate di Martina, citato come castellano principale della "Turris de medio nominate domini principis Raymundi": un bel dilemma da risolvere, dal momento che fino a questo momento le fortezze tarantine risultano essere due. Non si tratta certamente di una fantomatica torre che più tardi sarà chiamata "centenaria", né, a causa della sua posizione, della "torre del Gallo" citata dal De Vincentiis, secondo il quale fu costruita da Totila insieme con un'altra detta "del Cane".


Citata anche come fortino, la Torre Nuova è una delle torri appartenenti alla cinta muraria, situata dalla parte del mar piccolo. Speziale, pur non entrando nel merito, la riporta come una fortificazione innalzata dopo il 1480, contemporaneamente alla ricostruzione del castello e delle mura. Con maggiore precisione crediamo si possa affermare che la torre dei documenti del 1458 sia la stessa alla quale si riferisce Speziale. Costruita ben prima del 1480, probabilmente coeva alla torre di Raimondello, la Torre Nuova rimarrà in piedi fino al 1936, ultima ad essere demolita dopo le mura e la stessa Cittadella. Diversa l'attenzione che i regnanti dedicarono al castello principale: sempre nel 1458, il gavarreto Nuccio fa eseguire dei lavori per la "porta falsa Castri Magni prope mari magnum". La "porta falsa" (nascosta), "prope mari" è una porta ormai non più esistente posta al di sotto dell'antico ponte di accesso in muratura.


Del 1460 è invece un elenco di vettovaglie consegnate a Serafino de Alessandro di Lecce, definito conservatore delle vettovaglie e delle munizioni "Castri Magni" di Taranto. Di qualche anno più tardi, nel 1478, è la prova del pagamento del salario di 25 ducati spettanti al personale impiegato nel castello; al castellano Giovanni Simone andavano 10 ducati, e via via minori risultano i pagamenti per quanto riguarda il resto del personale. I mandati di pagamento riguardavano, infatti "per lo più i panettieri, gli inservienti, gli schiavi, i custodi della Cittadella, i generi alimentari, i guarnimenti degli animali da soma" e si susseguiranno ininterrotti praticamente fino alla costruzione del nuovo castello, intrapresa dagli Aragonesi , fornendoci sempre i nomi e le successioni dei funzionari.


Nel 1463 il re Ferdinando I, in sosta nel castello di Taranto, concede che si faccia la fiera nella piazza di S. Antonio presso la Dogana. L'importanza di questa notizia sta proprio nella conferma diretta del fatto che le gabelle e la dogana si pagassero nei pressi della torre di Raimondello, almeno fino al 1474, quando, attraverso un privilegio di Ferdinando I d'Aragona sappiamo che per garantire l'utilità pubblica della piazza della fontana, il principe Giovanni Antonio vi aveva abbattuto l'Arsenale e la dogana, trasferendoli altrove. Al potenziamento delle fortificazioni tramite la costruzione di un complesso sul lato opposto al castello, con una funzione, però, più economico-sociale che militare, segue il declino funzionale del castello, diventato ormai obsoleto per le nuove tecniche di guerra e per l'uso sempre più perfezionato dell'artiglieria. La vecchia e tradizionale topografia della cinta quadrata con torri angolari, cioè la forma classica del campo trincerato romano, era gradualmente abbandonato in favore delle fortificazioni a pianta poligonale, più potenti e moderne.


La modernizzazione sarà completata qualche anno più tardi a partire dal 1486-87 quando, assieme con altre fortificazioni del regno, il castello tarantino fu adeguato alle nuove tecniche militari. Soltanto un accurato esame architettonico della fortezza, fin qui mai realizzato, potrà stabilire se ciò sia avvenuto e quali siano le strutture preesistenti eventualmente riutilizzate nella fabbrica aragonese. La "novità" del castello aragonese di Taranto potrebbe essere rappresentata, in definitiva, dalla cosa più semplice da immaginare ad un'attenta lettura della sua storia: la sua "ampliorem firmiorem formam".

La foto del castello è mia!

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