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di MASSIMILIANO AMBRUOSO

 

Negli ultimi tempi il sempre vivo e stimolante dibattito su Castel del Monte si è incentrato essenzialmente su un interrogativo di importanza capitale per la comprensione delle sue origini e della sua funzione. Ci si è chiesti se Castel del Monte sia veramente un castello e non, piuttosto, un tempio laico edificato senza alcun aggancio con finalità pratiche, civili o militari. Il problema, dunque, investe l'identità dell'edificio che non a caso, però, continua a contenere nella sua stessa denominazione l'appellativo di castello.

Castel del Monte in una foto di Luigi Bressan

I sostenitori delle ipotesi che identificano Castel del Monte con un tempio, collegandolo di volta in volta all'astronomia, alla geometria e alle piramidi egiziane, partono da alcune riflessioni - a loro dire - elementari: sottolineano, infatti, l'assenza di cucine, scantinati, stalle, fossato, ponte levatoio ed elementi difensivi tipici di un castello medievale. Sulla base di questi presupposti hanno negato la costruzione di Castel del Monte a fini civili o militari ed hanno colto una serie di collegamenti tra le dimensioni dell'edificio-tempio e l'astronomia o la piramide di Cheope. L'errore commesso da questi autori è duplice. 

In primo luogo tali teorie utilizzano, per le dimostrazioni matematiche che si rendono necessarie in contesti geometrico-astronomici, valori dimensionali non coincidenti con quelli rilevabili sul posto, quasi che il castello, che di per sé costituisce una inequivocabile fonte materiale, subisca una serie di abbassamenti e di innalzamenti o di allargamenti e restringimenti a seconda di ciò che si voglia dimostrare. Ad esempio la teoria di Aldo Tavolaro, che lega la costruzione di Castel del Monte alle ombre proiettate dal sole in determinati giorni dell'anno, si basa su alcune misurazioni, come la larghezza del cortile in direzione Sud-Nord o l'altezza della parete Sud del cortile stesso, non coincidenti con quelle effettive, reali, e non ricavabili dai rilievi del Chierici del 1934. Peraltro la dimostrazione è inficiata, da un punto di vista metodologico, dalla discordanza tra alcuni valori utilizzati dall'autore di volta in volta diversi a seconda che si consideri la pubblicazione del 1974 o quelle successive.

Allo stesso modo la teoria di Nedim Vlora, che lega Castel del Monte alla piramide di Cheope, si basa su ombre e su figure geometriche inesistenti, come le circonferenze o i quadrati che dovrebbero circoscrivere o inscrivere l'ottagono castellare. L'autore in questo caso non considera che l'edificio ha una pianta irregolare, non centrica, e che pertanto non è inscrivibile in alcuna figura geometrica regolare.

Uno degli errori compiuti da chi ha voluto associare Castel del Monte all'astronomia, alla geometria o alle piramidi, rincorrendo valenze magico-esoteriche, è stato quello di utilizzare misurazioni rilevate graficamente dopo aver regolarizzato "a tavolino" la pianta del castello. In realtà i dati di cui si sono serviti non coincidono con quelli effettivi, desumibili sul campo, gli unici con i quali ci si deve confrontare. Il mito della perfezione geometrica di Castel del Monte, ormai opportunamente fatto a pezzi negli ultimi anni dagli studi di Schirmer, ha prodotto nell'immaginazione di questi autori un edificio-tempio sganciato da qualsiasi contatto con le fonti, avulso dalla sua stessa storia che in realtà ci dimostra come esso sia stato costruito per fungere da castello e che come tale è sempre stato utilizzato. «Castrum» è definito dallo stesso Federico II nel famoso mandato del 29 gennaio 1240, quindi struttura fortificata inseribile nella rete di castelli che lo svevo volle per un più efficace e capillare controllo del territorio, pur con tutte le accessorie funzioni residenziali, rappresentative e simboliche proprie di ogni castello. E se la valenza simbolica in Castel del Monte assume un rilievo particolare grazie alla sua forma ottagonale riproducente la corona imperiale, è pur vero che dalle fonti ci viene restituita in pieno l'identità castellare da più parti negata. Così leggiamo nei documenti che nel luglio del 1246, ancora vivente Federico II, l'edificio è utilizzato per imprigionare un signore ribelle all'imperatore e, quindi, possiede una guarnigione, dei carcerieri, dunque è abitato, in barba a tutti i problemi posti dagli autori contemporanei sull' assenza di cucine, stalle, e sistemi difensivi.

In un'altra fonte dell'epoca sveva, lo Statutum de reparatione castrorum, Castel del Monte è menzionato ancora una volta come castrum ed è soggetto alla manutenzione da parte degli abitanti di Monopoli, Bitetto e Bitonto esattamente come accadeva per le altre strutture castellari della zona. Nei decenni successivi ritroviamo il nostro maniero utilizzato come prigione ed in generale come strumento di potere nelle mani dei diversi regnanti e signori dell'epoca: sottoposto ad assedi, preso a cannonate, quindi, evidentemente, al contrario di quanto si è affermato da più parti, ben fortificato e perfettamente difendibile, ha attraversato i secoli partecipando attivamente alla storia della sua terra. Posto sulla strada che collegava Andria al Garagnone ed a Gravina, a pochi passi dalla via Traiana ed in rapporto con un territorio in quel tempo ricco di cellule produttive, torri e vedette rurali, Castel del Monte, circondato da una murazione che lo rendeva ben protetto, è stato costruito in quel luogo per chiudere una maglia del sistema castellare federiciano. In quel sito, peraltro, era già preesistente una fortificazione normanna, come ha messo in evidenza Raffaele Licinio nel volume Castel del Monte e il sistema castellare nella Puglia di Federico II avvalendosi di un documento poco noto dell'età angioina.

Il secondo grande errore compiuto dai cultori delle teorie esoteriche su Castel del Monte sta proprio nell'assenza di contatto con le fonti che, al contrario, ci restituiscono un castello certamente non costruito in pieno deserto e senza nessuno dei problemi di abitabilità posti da Tavolaro e dagli altri autori. Questi ultimi, nel sostanziale rifiuto dei documenti, o hanno rincorso - come ad esempio Vlora - inesistenti allineamenti con Chartres e Gerusalemme o, come Giuseppe Sciannamea, hanno favoleggiato di fantomatiche cupole d'oro sul cortile e di avveniristici display a cristalli liquidi sul portale. Il tutto condito con unità di misura letteralmente inventate, come ad esempio il cubito sacro e il pollice piramidale, frutti dell'immaginazione di Charles Piazzi Smith nel XIX secolo, o con mirabolanti piscine che avrebbero dovuto occupare lo spazio posto al centro del cortile.

In conclusione, le teorie che identificano Castel del Monte con un tempio risultano, ad un'attenta analisi critica, dense di errori e contraddizioni, inattendibili nei dati proposti e prive di verifica delle fonti, le quali, visionate con gli strumenti dell'indagine storica, ci restituiscono l'immagine di un comune ma non per questo meno importante castello medievale.

   

   

©2002 Massimiliano Ambruoso

 


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