Sei in: Storiamedievale ® Pre-Testi

di FRANCO CARDINI

Si può emigrare anche nel tempo: la passione per i miti e gli eroi antichi, la riscoperta dell'età di mezzo, fioriscono tra gli esuli della modernità. Per esempio a San Marino…

   

Si può fuggire verso qualcosa; oppure da qualcosa. Ed è ben diverso. Nel primo caso, la fuga è ordinata, segue un piano, ha uno scopo positivo e propositivo. Nel secondo è convulsa, disordinata, disperata. Ancora, c'è fuga e fuga. Più o meno un quarto di secolo fa, quando si tentava di far accettare senza riserve il principio che solo l'"impegno" (e in una sola, ben determinata direzione) fosse cosa legittima, Elémire Zolla, distingueva con energia tra la "diserzione del soldato" - condannabile anche comprensibile - e la "santa fuga del prigioniero", che è un diritto riconosciuto dalle leggi di guerra e un dovere morale.

lo Stato delle idee - del 17 marzo 1999L'Occidente è schizofrenico e, com'è noto, tentazione costante dello schizofrenico è il suicido. L'evasione costituisce una valida e plausibile alternativa all'autodistruzione? Non è detto. Esistono evasioni che, lungi dall'esorcizzare il suicidio, lo affrettano. Non tutte le fughe - anche quando sono sante - riescono, perché non tutte sono fortunate e ben congegnate. Al contrario: oggi, in tempi di "disimpegno" e di "riflusso nel privato" che non solo sono diventati di moda ma vengono perfino propagandati come sacrosanti aspetti della vittoria dell'individualismo, è diventato molto importante stabilire bene da che cosa si sta fuggendo, e verso che cosa, con quali mezzi e modi, e per quali ragioni. La schizofrenia dell'Occidente nasce dalla sua duplice, conflittuale radice etica. Da una parte chi crede - come recita il capitolo 77 della Fides et Ratio - che non tutto quel ch'è tecnicamente realizzabile sia anche moralmente accettabile; dall' altra chi ritiene che il progresso tecnico sia la misura-base per la stessa etica. L'Occidente è diviso tra chi guarda come propria guida al profeta Mosè, e chi invece al dottor Faust. Ma la seconda schiera è, a sua volta, attraversata da un ulteriore e più grave complesso bifronte: perché da una parte la sua fiducia deterministica nel "senso della storia" la obbliga a credere nelle "mirabili sorti e progressive", laddove la consapevolezza della propria finitezza la obbliga a guardare al domani con angoscia quando non addirittura con disperazione.

Poteva essere, l'utopia, un tipo di "fuga" terapeuticamente proponibile per chi avesse voluto uscire da quest'angoscia? Il fatto è che almeno un tipo di utopia, quella tesa alla giustizia sociale e alla creazione di un "uomo nuovo", libero dal bisogno e dall' egoismo, è naufragata.

Si può invece, ancora, trovare rifugio nel mito o nella storia? Nell'intemporale in cui abitano i grandi modelli, gli archetipi, o nel passato per definizione, giudicato migliore del presente ?
San Giorgio e il drago di Paolo Uccello, 1443 - 45 Quanto al primo tipo di fuga, diciamo ch'esso non è neppur tale. Il mito è come il sonno e il sogno. La parola nasce dalla stessa radice del verbo greco myein, che significa "iniziare", ed è imparentata con la parola "mistero". Quando il povero Bertolt Brecht diceva "Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi", dimostrava di non aver capito né cosa sia un popolo, né cosa sia un eroe. Di eroi, cioè di modelli, si ha sempre bisogno. Altrimenti non vi sarebbero né linguaggi, né comunità umane.

Il discorso sulla storia è diverso. Le scienze pure non esistono: ma, fra tutte, la storia è una delle più impure. Essa nasce e si sviluppa, da Erodoto in poi, al fine di esercitare e disciplinare la memoria. La storia è un combattimento contro l'oblio (una "lotta illustre contro il tempo", la definiva lo Pseudanonimo manzoniano) ma il suo ricordare non è affatto un'operazione puramente e naturalmente mnemonica, un ordinare e catalogare materiali già pronti. Al contrario: "L'uomo - diceva Lucien Febvre - non ricorda nulla: ricostruisce sempre". E, ricostruendo, interpreta: lavoro esegetico delicatissimo, che esige scelte continue.

Ne deriva un equilibrio dinamico e difficilissimo tra l'istanza dell'onestà intellettuale e scientifica, che impone un' assoluta equità dinanzi alle fonti e a ciò che emerge dallo studio sistematico del passato, e l'istanza esegetica. A ciò si aggiunga il progresso obiettivo nelle tecniche e nei metodi della ricerca, svolta alla luce di mezzi e di sistemi sempre più efficaci.

È insomma molto difficile muoversi sul corretto terreno della ricerca storica. Tale terreno è, però, estremamente remoto da quello della divulgazione, nel quale allignano le volgarizzazioni e le mistificazioni più clamorose, ora funzionali al mercato massmediale (dal cinema a war games), ora soggette alla pratica ludica e sviante delle rievocazioni, attraverso le quali ci si illude di rintracciare le radici storiche di questa o di quella tradizione, di questa o di quella comunità.

Il cosiddetto Medioevo (un'espressione, ricordiamo, che indica un periodo molto ampio e convenzionalmente identificato in modo sempre relativo) è soggetto e al tempo stesso vittima di queste continue mistificazioni. Senza dubbio in Italia soffriamo la mancanza di una divulgazione seria e qualificata, che funga da filo diretto tra ricerca scientifica e informazione. Da una parte c'è carenza di studiosi seri che accettino tra le 1oro funzioni anche quella d'informare in modo corretto ma semplice un più vasto pubblico; da un' altra, di organismi divulgativi in grado di discernere e coinvolgere le persone giuste, evitando ciarlatani e mestieranti; da un'altra ancora, di una scuola che si preoccupi costantemente di quell'aspetto fondamentale della crescita culturale del Paese che è l'aggiornamento degli insegnanti.

In quanto medievista, non mi fa per nulla piacere che la gente - e in modo speciale i giovani - fugga dal presente "rifugiandosi" nel Medioevo. Mi preoccupa, anzi, e mi fa rabbia: perché quel medioevo che essi di solito cercano è falso e mai esistito. è un Medioevo di cartapesta, figlio ora della "leggenda nera" che, sulla scia di alcuni illuministi, lo vuole età di violenza, d'oppressione, di fanatismo, di barbarie e d'ignoranza, ora della "leggenda dorata" che, sulle orme di alcuni romantici, 1o vuole tempo di fede e di generosità, di eroismo e di fantasia. Chiunque intenda opporsi alla polverizzazione morale che sta prendendo campo in Occidente come conseguenza della vittoria dell'individualismo, della globalizzazione e del "pensiero unico", non deve affatto rifugiarsi nella storia. Al contrario, ha il dovere di restar ben radicato nel presente, cercando nel passato le radici cui ispirarsi nella costruzione del futuro.

Rivivere il Medioevo perfino nei suoi colori e nei suoi profumi, magari ludicamente, festosamente? Perché no? Ma con l'ausilio di un buon corredo filologico che sarà, non già un ostacolo al gioco, bensì - e al contrario - un motivo di divertimento in più. Perché ad esempio inventarsi miti e simboli contraffatti, quando lo studio di quelli autentici potrebb'essere molto più affascinante? Nella Repubblica di San Marino è nato di recente il Centro studi nuovo medioevo, che si propone di venire incontro all'esigenza sempre più diffusa di recupero di forme ludiche, artistiche, turistiche dell'"età di mezzo", mediante l'offerta di consulenze storiche, tecniche ed artistiche. Il suo scopo immediato è la costruzione di una "banca dati" di tutti i "medioevofili" che vogliano scambiarsi esperienze. Una buona occasione per coniugare lavoro ludico e crescita scientifica.

  

  

©1999-2004 Franco Cardini, tratto da "lo Stato delle idee" del 17 marzo 1999.

  


torna su

Pre-testi: Indice

Home