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di FRANCO CARDINI

Un caso editoriale, il best seller di Dan Brown, che anche in Italia sta avendo un larghissimo successo, si basa su un vecchio falso d’autore. Di attuale restano solo i pregiudizi anticattolici

 

Quando esce un best seller, per giunta presentato come tale, scatta sempre - nella società dell'immagine e dello spettacolo - l'effetto del "successo annunziato". Succede regolarmente così, ad esempio, in Italia per i romanzi di Umberto Eco (che, però, il successo se lo merita: l'ultimo, La misteriosa fiamma della regina Loana, è divertentissimo e anche, qua e là, commovente). Succede per i pamphlets di Oriana Fallaci. Se si abbandona la galleria delle grandi firme (che, oltre ai due ora nominati, potrebbero allargarsi a Vespa, a Biagi, a Bocca e a pochissimi altri), i successi editoriali sicuri riguardano alcuni generi: l'erotico-pornografico, il gastronomico, il magico-esoterico: non necessariamente in quest'ordine. In Italia, i libri che si vendono, oltre a un po' di gialli e a poca roba di divulgazione storica, in genere banale, riguardano questi argomenti.

Una volta stabilito ciò, gli editori italiani, quando si tratta di tradurre qualcosa, specie dall'America, si orientano su soggetti di questo tipo, oltre naturalmente ai grandi autori di best sellers tipo Ken Follett e Michael Crichton, dai cui romanzi vengono tratti anche certi film, come il celebre Jurassic Park.

Non ci sarà da stupirsi se, fra qualche mese, assisteremo anche a una riduzione cinematografica di Il codice da Vinci di Dan Brown, tradotto in italiano dalla Mondadori. Difatti ci sta già pensando la Sony, con la regia di Ron Howard.

   

Un docente stufo di fare il docente

La cosa più interessante del libro, che ha avuto e sta avendo un successo sconvolgente in un Paese come il nostro, dovre la gente legge poco e male, riguarda a mio avviso la fenomenologia della sua genesi. Il suo autore, prima di tutto: uno studioso, un docente di buona competenza, che un bel giorno - come capita a molti di noi insegnanti, nell'invecchiare - dev'essersi stufato del suo stipendio mediocre, della sua scarsa notorietà, di vedersi passar avanti nella corsa al successo tanti più mediocri di lui. E, allora, avanti con la caccia alla fortuna attraverso lo strumento del thriller esoterico. Gli americani ci cascano. E anche gli europei. Negli States, il romanzo è già arrivato a quattro milioni di copie.

Da un assassinio perpetrato nella mirabile ma pur sempre inquietante cornice del museo del Louvre, a Parigi, il racconto del Brown si snoda attraverso una serie di colpi di scena, per la verità nell’ordinario procedimento della letteratura giallistica: ma lo scoop sta tutto nell'oggetto di quella che alla fine si rivela un'affannosa caccia a qualcosa.

A che cosa mai? Ma al Santo Graal, naturalmente! S'è mai cercato altro, nella felice età contemporanea, dal Wagner del Parsifal all'Eco di Il pendolo di Foucault? A questo punto, la comprensibile noia del lettore appena appena un po' meno di bocca buona della media viene ulteriormente messa a dura prova da un'altra avvincente banalità. Che il Graal non è naturalmente il calice dell'ultima Cena, bensì la coppa di carne entro la quale è maturato il vero Sang Réal (da cui Saint Graal, secondo il vecchio gioco di parole d'ascendenza wagneriana): Maria Maddalena, che si sarebbe congiunta con Gesù - il quale non sarebbe infatti morto sulla croce - e ne avrebbe avuto dei figli dalla progenie dei quali alcuni secoli più tardi sarebbero sorti i re franchi della prima dinastia, quella merovingia. Alla diletta Maria il Salvatore, che naturalmente non è Dio ma un saggio profeta, avrebbe lasciato la cura della sua Chiesa: un'istituzione, quindi, "al femminile", che la volontà dell'imperatore Costantino avrebbe tradito, "maschilizzandola" ed eliminando dalle Scritture le tracce della verità (il matrimonio di Gesù, l'allusione si troverebbe nei Vangeli "gnostici") per sostituirle con i più addomesticati quattro Vangeli canonici.

Gli eredi di Gesù e di Maria, i re merovingi, però, la sapevano lunga: per questo la Chiesa li fece eliminare attraverso i suoi sicari, la stirpe degli usurpatori carolingi. C'era comunque un misterioso sodalizio di giusti, vivo nel corso dei secoli, che di generazione in generazione si passava iniziaticamente il segreto della verità su Gesù e sulla sua discendenza. In tempi differenti, esso s'incarnò prima nell'Ordine templare, quindi nella Massoneria: entrambi per questo perseguitati dalla Chiesa costantiniana che aveva divinizzato Gesù, ma che conosceva essa stessa la verità ed era ben decisa a non lasciar che si propagasse. L'ultima e definitiva forma assunta dal sodalizio dei giusti sarebbe quella di un'organizzazione, il "Priorato di Sion", un'occulta azione della quale avrebbe innervato la storia dell'Europa.

Il romanzo trova pertanto la sua soluzione nel disvelamento di un intrigo: la catena dei delitti che ne costituisce il f­lo conduttore è spiegabile alla luce del conflitto tra gli eredi del "Priorato di Sion" e la punta di diamante della crudele e repressiva Chiesa cattolica, che naturalmente sarebbe l'Opus Dei. La posta in gioco diventa addirittura un fantastico ricatto da organizzarsi contro la Chiesa: un misterioso "Maestro" vorrebbe costringere a pagare una somma immensa minacciando di rivelare altrimenti il mistero dell'amore di Gesù per la Maddalena e della discendenza che di esso sarebbe il frutto. Un mistero che ha lasciato comunque il segno: esso era noto a molti grandi personaggi della nostra storia, fra i quali Leonardo da Vinci (da qui il titolo del romanzo).

Dinanzi a questo cumulo di palesi assurdità, qualcuno ha chiamato in causa le ragioni della fiction. Ma proprio qui sta l'errore. Il Brown si è inventato parecchie cose, ma nell'intrico fantastorico di cui si è servito non ha nemmeno il pregio dell'originalità: egli si è rifatto ai famosi documenti della Bibliothèque Nationale di Parigi noti come Les dossiers sécrets, che in parte si vogliono scoperti nel 1975 (furono introdotti nella Bibliothèque da quelli stessi che li avevano redatti) e in parte sono stati "rivelati" dallo scrittore Gérard de Sède. Il fatto è che l'autore del romanzo ignora, o finge d'ignorare, che è stato ampiamente dimostrato che quei documenti sono dei falsi vergognosi: uno dei redattori di essi, Philippe de Chérisey, è morto nel 1966 lasciando un contenzioso legale ancora aperto, in quanto il suo lavoro di falsario non era stato retribuito dai suoi committenti.

In effetti, oggi esiste un "Priorato di Sion". Si tratta di un'organizzazione fondata nel 1956 da tale Piérre Plantard, il quale lascia capire di essere egli stesso un discendente di Gesù e custode pertanto del "vero Santo Graal". La pretesa realtà del "Priorato di Sion" si regge su un'altra intricata questione: quella riguardante il sacerdote Berenger Saunière, parroco alla fine dell'Ottocento del villaggio di Rennes-le-Chateau, nella diocesi di Carcassonne, e personaggio dalla dubbia vita e dagli ancora più dubbi affari. Il suo rapido arricchimento, che gli consentì di avviare nella sua parrocchia un'attività edilizia dai connotati stranamente "esoterici", ha fatto colare un fiume d'inchiostro. In realtà la storia del Saunière, riciclata più volte dal de Sède, fino ai giornalisti Baigent, Leigh e Lincoln, a loro volta autori di un best seller (anch'esso: e ti pareva) sul Graal, è lungi dall'essere chiarita: ma ha molto a che vedere con il codice penale alle voci relative alla truffa e ben poco con la vita misteriosa di Gesù.

   

L'ultimo pregiudizio

Su queste cose sono già autorevolmente intervenuti studiosi dell'esoterismo come Massimo Introvigne e Philip ]ekins, che ha parlato di quello anticattolico come dell'unico pregiudizio che, in tempi di politically correct, appare ancora plausibile praticare. Perché non possono esserci dubbi. Dietro l'ennesimo rimaneggiamento di un vecchio capitolo dell'occultismo dell'Ottocento, quello relativo alle attività del Saunière, c'è una pervicace e sistematica volontà di calunnia diretta contro la Chiesa cattolica, descritta come un'organizzazione a delinquere.

Questa spazzatura, purtroppo, continua a circolare anche perché i pregiudizi contro la Chiesa cattolica sono gli unici che si possono manifestare liberamente (insieme, in parte, con quelli relativi all'Islam), e perché i cattolici sono singolarmente ignoranti in fatto di problemi scritturali e di storia della Chiesa; e singolarmente timidi, per usare un eufemismo, quando si tratta di difendere la loro fede e la loro tradizione.

    

  

©2004 Franco Cardini e  «Famiglia Cristiana», 26/2004.

    


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