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di VALENTINA SEPE

Il logo del sito http://webquest.org

   

1. Le questioni fondamentali

Non c’è salvezza né perdizione nella tecnica. Sempre ambivalenti, le tecniche proiettano sul mondo materiale le nostre emozioni, le nostre intenzioni, i nostri progetti. Gli strumenti che costruiamo ci danno sì dei poteri ma noi, collettivamente responsabili, abbiamo nelle nostre mani la facoltà di scegliere [1].

Con queste parole Pierre Lévy descrive i tratti di una nuova sfida alla storia lanciata dalle nuove tecnologie. I caratteri di questa sfida appaiono sempre più ultimativi: la metafora del “naufragio della storia” è infatti frequentemente adoperata ma trova come sua possibile alternativa la metafora di “imparare a navigare” acquisendo quegli strumenti che permettono di orientarsi nel “mare” di informazione presente sul web.

Un tempo, nel XIX secolo, gli agenti, quasi esclusivi, di storia erano costituiti da luoghi istituzionali; producevano e diffondevano sapere storico con la finalità di costruire consenso intorno allo stato nazionale. La stessa scuola era orientata per tale funzione.

I media, a partire dagli anni Venti e Trenta del Novecento, hanno messo in crisi questo modello e, da allora, lo spazio pubblico è stato conteso da un numero sempre più ampio di soggetti:

soggetti istituzionali, storici di mestiere, operatori dei media, forze imprenditoriali, elementi spontanei della società civile [2].

I media possono dunque intervenire nel determinare le coordinate della storia contemporanea, intesa come vicenda collettiva dell’ intera umanità. [3] (La storia, una volta messa in rete, non può essere unicamente confinata alla storia nazionale, deve confrontarsi con più soggetti portatori di diverse storie.)

Attraverso i media non è possibile diffondere un’unica vulgata, così come hanno fatto lo Stato, la Chiesa o il Partito.

Ci sarà sempre, scrive Giovanni De Luna, un frammento di mercato…, una minoranza etnica, una appartenenza sessuale, un segmento sociale il cui bisogno di storia andrà soddisfatto con riferimenti specifici e irripetibili per altri interlocutori [4].

Il confine fra ricerca storica e costruzione dell’opinione pubblica si fa sempre più sottile e, proprio per questo motivo, va sollecitato l’intervento degli storici e degli insegnanti nei riguardi di una riflessione sui rapporti fra storia e uso pubblico della storia [5].

Internet, infatti, ha reso possibile la fruizione di una grandissima quantità di documenti e di letture del nostro passato da parte di un’altrettanto grande quantità di gente. Ogni giorno nuovi racconti storici sul passato e sul presente vengono prodotti, messi in rete e utilizzati come semplici letture o come approfondimenti per ricerche da un pubblico di internauti estremamente differenziato.

Per questo motivo gli storici, in questi ultimi anni, hanno cominciato a confrontarsi con la specificità del web come media di storia, a studiarne le inedite possibilità di manipolazione, dovute alla riproduzione tecnologica della realtà.

Per chi si occupa di storia si pongono due questioni fondamentali: la prima consiste nella gestione di una quantità quanto mai illimitata di racconti sulla storia, in particolar modo contemporanea, e la seconda nella verifica della qualità del materiale storico messo in rete.

Tali questioni risultano centrali anche  per trattare di didattica della storia.

Infatti, in rete troviamo bibliografie, cronologie, banche dati, depositi d’archivio, cartografie, siti istituzionali e siti “amatoriali”, riviste, portali e motori di ricerca specifici, materiali didattici, forum, ecc

Il fattore quantità, dunque, correlato alla disomogeneità del materiale storico, determina la difficoltà di organizzazione e gestione del web in funzione dell’apprendimento.

Perciò la questione della valutazione della qualità del materiale storico è possibile proporla solo dopo aver messo un po’ d’ordine. Per esempio, una prima distinzione possibile potrebbe essere quella tra fonti dirette (quali, ad esempio, depositi d’archivio e cartografie) e indirette.

Come osserva Antonio Criscione, la rete possiede una struttura opposta alla piramide e, non consentendo di disporre le informazioni in maniera gerarchica, mette sullo stesso piano siti prodotti da prestigiose Università e siti amatoriali [6].

In merito a questo, tuttavia, gli studiosi di storia e coloro che si occupano di didattica della storia adottano una prospettiva che non sempre coincide, in quanto soltanto una parte di ciò che lo storico ricerca è spendibile in campo didattico.

Anche se si produce una grande quantità di buona storia, non si può pensare che il solo fatto di metterla in circolazione significhi di per sé "fare una didattica". Occorre conoscere sia la retorica specifica del web, sia i comportamenti dei giovani cybernauti.  

Questi, infatti, raramente si soffermano su siti di grande qualità, pur essendo in grado di  riconoscerli con precisione. Da alcune osservazioni compiute sul campo [7] abbiamo notato che essi sono attratti da alcuni fattori:

1)    La quantità di informazioni: il sito deve essere ricco.

2)    L'insieme delle caratteristiche estetiche: queste non sono viste come semplici aggiunte estemporanee ma come parti essenziali ed integranti dell'informazione.

3)    Temi di particolare (anche se effimero) interesse.

    

2. Imparare a orientarsi

È necessario dunque partire dalla consapevolezza della complessità insita nell’operazione “navigare” quando essa ha come finalità l’apprendimento.

Questa dovrebbe portare alla costituzione di una didattica “non riduzionistica” [8].

Il primo obiettivo di questa didattica è quello di vincere lo stesso stereotipo della navigazione, come espressione di autonomia di ricerca. Il “fare da soli”, infatti, produce la conseguenza inevitabile di un uso non mirato dello strumento Internet, e quindi una conferma di errori, conoscenze stereotipate e di poca qualità.

Si deve contrapporre al disorientamento della gestione del mare magnum [9], un modello di navigazione che si avvalga di strumenti specifici. Filippo Chiocchetti parla di bussole [10] (portali specifici e motori di ricerca) capaci, per esempio, di segnalare le fonti e di indicarne tipologia e provenienza. Ma si può pensare anche a griglie di valutazione sulle quali basarsi per verificare la buona fattura o l’attendibilità dei siti.

Questi strumenti, pensati appositamente per gli storici di professione, potrebbero essere adoperati come modelli per costruire delle bussole adeguate per gli studenti, strutturate in base alla specificità della disciplina e al ciclo di studi da essi frequentati. Quindi dei motori di ricerca dedicati, diversi dai motori di ricerca “orizzontali” come Google o Alta Vista, che  raccolgono risorse non soggette ad alcuna analisi qualitativa, e simili invece alla nota esperienza dell'Italian History Index [11] o al portale dedicato alla Resistenza [12] dall'Anpi (Associazione nazionale dei partigiani d’Italia) in collaborazione con il Comune di Roma, che ambisce a divenire il portale della storia del ‘900 in Italia. Gli esempi citati di portali “verticali” permettono un’esplorazione mirata e di qualità, ma non si rivolgono tuttavia direttamente al mondo della scuola. Anche fra questi gli esempi non mancano: Garamond [13], un portale italiano interamente dedicato agli insegnanti e agli studenti, il portale De Agostini [14], e il sito Le scuole in rete [15] che fornisce informazioni su vari siti e portali che si occupano di didattica [16].

Un contributo istituzionale è offerto dalla Biblioteca di Documentazione Pedagogica [17] che offre, insieme a vari tipi di servizi, la possibilità di ricercare nella sua banca dati [18] siti in relazione alle discipline e alle fasce di età degli studenti.

Un diverso approccio, rispetto a quello della costruzione di portali “verticali”, è quello intrapreso da altri studiosi [19] che si sono posti l’obiettivo di stabilire dei criteri, delle voci sulle quali basarsi per verificare la buona fattura e l’attendibilità storica dei siti.

La risposta al problema della quantità e qualità dell’informazione storica presente sul web, non può che essere infatti nella “educazione ai media”, ovvero nella costruzione di una didattica capace di insegnare ad utilizzare da “storici” la documentazione presente in rete.

  

3. Il laboratorio  

A tal fine il laboratorio sembra costituire la soluzione più efficace, perché introduce nella didattica alcune modalità di conoscenza tipiche della ricerca storica specialistica: utili non solo per imparare le ricostruzioni storiche, ma per formare e far crescere abilità, quali, ad esempio, l’interrogazione delle fonti e la riflessione su come le informazioni sono state ottenute. Gli studenti imparerebbero, nell’aula di informatica, a verificare se i diversi siti rispondono ai criteri di affidabilità stabiliti, e potranno chiedersi da chi  e a quale scopo siano stati costruiti.

Dunque l’ora di insegnamento

sarà di “laboratorio” se intessuta di esperimenti, discussioni, esercizi, valutazioni, lezioni, volta alla scoperta e non soltanto alla comunicazione di un sapere [20].

Internet infatti non è soltanto uno straordinario strumento per distribuire informazione o un gigantesco database da esplorare: essa può essere utilizzata come un nuovo mezzo per la creazione di classi virtuali.

Queste potenzialità sono state segnalate  da numerosi studi su questo argomento. Si è però ancora molto lontani da una loro  diffusa messa in pratica. Infatti

attualmente le scuole sono grandi produttrici ipermediali, al punto che il possesso di un sito sembra marcare lo status symbol delle istituzioni. Una scuola senza sito non appare una scuola ben accettata dai ragazzi e dagli istituti concorrenti [21].

I siti didattici, dunque sono numerosissimi: è facile immaginare come la loro qualità sia da sottoporre a verifica. Per giunta non disponiamo di una vasta letteratura sull’argomento. Sembra, anzi, che, nella maggior parte dei casi, più che alla didattica, questi materiali puntino alla semplice evocazione di scenari, e dunque appaiono spesso deludenti.

Tuttavia la costruzione di un sito rappresenta comunque una pratica importante, in quanto è un’ esperienza molto coinvolgente per i ragazzi. Essi, per produrre un sito o un ipertesto,

sono disposti a divorare centinaia di pagine che, altrimenti, non avrebbero nemmeno guardato [22].

Antonio Criscione, inoltre, segnala l’ambiguità didattica della rete: in molti casi essa testimonia la volontà di potenziare un modello tradizionale di insegnamento, e presenta supplementi finalizzati ad agevolare lo stesso tipo di attività che si svolgeva senza il computer, in altri casi, invece, la rete viene utilizzata come strumento per formulare un nuovo modello di apprendimento [23].

Qui mi limiterò a segnalare alcune esperienze innovative.

Il logo del sito www.bibliolab.it

Un primo esempio interessante è il sito Bibliolab [24] realizzato e curato da Patrizia Vayola. Il sito è diviso in tre sezioni chiamate “laboratori”, tra le quali una è di storia.

Il Laboratorio di storia on line si propone di fornire occasioni, stimoli, percorsi per attivare nelle scuole itinerari di ricerca e sviluppo di percorsi didattici che facilitino il passaggio da un insegnamento di tipo trasmissivo ad una metodologia che miri al raggiungimento di competenze efficaci da parte degli studenti [25].

La realizzazione di un laboratorio on-line permette l’introduzione di una pluralità di risorse altrimenti impensabili (come immagini, musiche, prodotti di altre scuole, ecc), consente di lavorare per mappe concettuali, porta all’identificazione di nodi problematici e alla definizione di parole-chiave e, infine, consente l’esplicazione dei collegamenti tra i vari elementi della ricostruzione storica [26].

All’interno della sezione dedicata al laboratorio di storia è possibile trovare dei percorsi didattici divisi in 4 fasi. Ad esempio i 3 percorsi dal titolo “Dall’altra parte: il filo spinato e la storia”, 3 percorsi didattici distinti ma cooperanti alla realizzazione di una mostra sulla storia del filo spinato. L’esperienza ha coinvolto 4 classi dell’IPSSCT Quintino Sella di Asti e risulta interessante sia per la messa in pratica di un modello cooperativo di insegnamento che possiede come obbiettivo la condivisione delle conoscenze, sia per la capacità di far praticare agli studenti un’esperienza di ricerca storica a livello laboratoriale. Le diverse fasi dei laboratori sono ben illustrate e, attraverso di esse, è possibile accedere ad archivi su diverse tipologie di documenti (manifesti di propaganda, brani letterari, poesie, testimonianze, fotografie, ecc). In ultimo mi preme sottolineare che la costruzione del percorso è stata preceduta da una attenta opera di ricerca di fonti e di saggi storiografici da parte di Patrizia Vayola, in collaborazione con altri insegnanti, attraverso un forum on line, da lei moderato.

Un secondo esempio è il WebQuest, un’attività strutturata per insegnare a compiere ricerche sul web. Gli insegnanti forniscono risorse su un dato argomento e descrivono determinati compiti da svolgere [27].

Questo strumento è stato ideato nel 1995, da Bernie Dodge e Tom March (l’Università di San Diego) e si è affermato come un protocollo riconosciuto a livello internazionale [28].

Alcuni esempi di WebQuest sono stati creati da alcuni insegnanti: il francese Jean Philippe Raud Dugal, lo spagnolo Juan Carlos Ocaña, l'inglese John Simkin e l'ungherese János Blasszauer. Jean Philippe Raud Dugal ha intitolato un suo WebQuest Cos’è l’Europa: in questo webquest i ragazzi devono spiegare alla propria famiglia cosa rappresenta l’Unione Europea, attraverso la scrittura di un saggio. Dugal ha costruito una scaletta, composta da più punti da sviluppare, ognuno corredato da link che rimandano ad alcune risorse predisposte [29].

Attraverso il webquest ogni insegnante definisce un contesto, un prodotto, un modo di procedere e le risorse on-line e off-line da consultare. Ci si può avvalere dei webquest già presenti in rete, oppure produrne uno specifico per i propri studenti o, infine, si può chiedere ad alcuni di essi di produrne per i compagni.

Il logo del Progetto Trincea

Un terzo esempio è il Progetto Trincea [30], realizzato attraverso la collaborazione di più istituti scolastici: questo consiste nella creazione di un ambiente virtuale costituito da molte stanze. In ogni stanza vi sono più giocatori che chattano. Gli studenti immaginano di trovarsi durante la I guerra mondiale in una trincea, l’insegnante assegna i ruoli. In questo progetto il gioco di ruolo [31] costituisce una parte fondamentale dell’attività: ma viene preceduto da una robusta fase di ricerca, che coinvolge gli insegnanti e gli studenti [32]. In questa fase inoltre ci si avvale anche del contributo di esperti che traducono in grafi i materiali via via prodotti dai ragazzi.

Qui la telematica può giocare un ruolo determinante favorendo il contatto diretto fra scuola ed esperti che operano al suo esterno…In questo modo gli studenti e gli insegnanti non sono più costretti a rimanere completamente isolati nelle loro classi [33].

Quest’ultimo esempio introduce uno dei nuovi territori della didattica: la simulazione, una tecnica che suscita entusiasmi e perplessità [34].

Le simulazioni sono dei modelli e in quanto tali non sono mai completamente adeguate alla realtà. C’è tra simulazione e realtà uno scarto che può essere valutato come un gravissimo svantaggio o, al contrario, come il motore stesso della conoscenza [35].

In questo caso il compito di far cogliere lo scarto tra realtà e simulazione spetta all’insegnante attraverso un confronto finale fra i risultati della simulazione e i dati del mondo reale. La simulazione potrebbe essere utilizzata all’interno di un programma di insegnamento seguendo questo schema [36]:

Osservazione diretta del mondo reale.

Preparazione della simulazione.

Uso della simulazione.

Confronto dei risultati della simulazione con i dati del mondo reale.

Nell’ultima fase lo studente viene invitato ad esprimere i propri giudizi.

Il computer rende più agevole l’utilizzo della simulazione nella didattica, sia per l’accesso alla rete, sia per questioni meramente tecniche: consente all'utente di agire sulle immagini, di guardarle da lontano o da vicino, di percepire gli oggetti in uno spazio tridimensionale, di girarci intorno, di entrarci dentro, di muoversi come se si trovasse lui stesso in uno spazio tridimensionale; consente di attuare calcoli molto più sofisticati, di elaborare grafici e tabelle, di riprodurre parte delle coordinate storiche che in una simulazione non virtuale sarebbero andate perse. Tutto questo però risulta privo di valore dal punto di vista didattico se la simulazione, il gioco, il laboratorio, l’unità o gli esercizi non sono guidati, cioè svolti insieme all’insegnante (nel ruolo di master animatore).

       
      


1 Pierre Lévy, Cybercultura, gli usi sociali delle nuove tecnologie, traduzione di Donata Ferodi, Giacomo Feltrinelli editore, Milano 1999, pp. 20-21.

2 Giovanni De Luna, L’occhio e l’orecchio dello storico. Le fonti audio visive nella ricerca e nella didattica della storia, La Nuova Italia, Firenze 1993, p. 5.

  3 Ibidem.

4 Ivi, p. 6.

5 Nicola Gallerano, Le verità della storia. Scritti sull’uso pubblico del passato, Manifesto libri, Roma 1999: sottolinea come, ripercorrendo la storia della storiografia occidentale, storia e «uso pubblico della storia» non siano distinguibili fino a tempi recenti: «sono la stessa cosa», p. 42.

6 Antonino Criscione, Una rete per Clio? Risorse di Storia nel cyberspazio, «I Viaggi di Erodoto»,  38/39 (giugno-novembre 1999).

7 Brusa Antonio, De Pace Martin, Gentile Giorgio, Per una costruzione della didattica della storia on line. Una ricognizione dell’esistente e qualche prospettiva, in Greci Roberto (a cura di), Medioevo in rete tra ricerca e didattica, Atti del convegno (Parma, 24 gennaio 2001), Clueb, Bologna 2002.

8 La didattica riduzionistica «è la didattica di chi sta in una sola di queste tre aree discipline storiche, discipline preposte alla formazione e internet e pensa che soltanto ciò che è direttamente di propria competenza, sia sufficiente a definire problemi e soluzioni. Gli studiosi di storia hanno almeno una volta in vita loro deplorato il riduzionismo di altri storici, e soprattutto l’approccio riduzionistico pedagogico»:  ibidem.

9 Serge Noiret, Storia e Internet: la ricerca storica all’alba del terzo millennio, «Memoria e Ricerca», n. 3 (1999).

10 Filippo Chiocchetti, Le guide alle risorse ondine: una rassegna critica, «Cromohs», n. 7, in                 http://www.cromohs.unifi.it/7_2002/chiocchetti.html.

11 Il sito Italian History Index  può essere raggiunto all’ URL http://vlib.iue.it/hist-italy/Index.html.

12 Francesca Anania, Internet, la storia, il pubblico, in «Memoria e Ricerca», n. 10 (maggio-agosto 2002).

16 Per una ricognizione sui siti e portali didattici del web si veda giorgio gentile, La Didattica della Storia nell’internet italiano. Una ricognizione dell’esistente e qualche prospettiva, tesi di laurea in didattica della storia, Università degli Studi di Bari, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Lettere, a.a. 2002-2003, relatore professor Antonio Brusa.

17 Un Istituto Nazionale con sede a Firenze, che ha come scopo la raccolta, l’organizzazione, l’elaborazione e la diffusione della documentazione educativa per il mondo della scuola e della ricerca. Il sito è rintracciabile all’URL: http://www.bdp.it.

18 Per accedere direttamente alla banca dati: http://www4.bdp.it/isisphp/etb/ricerca.php.

19 Si veda la griglia di valutazione elaborata da Jan Alexander e Marsha Tate e riportata in Filippo Chiocchetti, Le guide alle risorse ondine :una rassegna critica, «Cromohs» n. 7, in http://www.cromohs.unifi.it/7_2002/chiocchetti.html, e in Guido Abbattista, La valutazione delle risorse digitali:biblioteche ibride e studi storici. Il workshop su studi storici e biblioteche digitali, coordinato da Guido Abbattista (Università di Trieste) e Riccardo Ridi (Università di Venezia), 31maggio-1 giugno 2001, Dipartimento di studi storici e geografici, Università di Firenze, http://www.storia.unifi.it/ storinforma/Ws/ws-biblio2.htm. Per un'altra mappa di valutazione si veda Antonio Criscione, La valutazione dei siti web, in Id., Una finestra nel cyberspazio. Gli istituti di storia della Resistenza nel web, «Memoria e Ricerca on line», in http://www.racine.ra.it/oriani/memoriaericerca/criscione-ipertesto.htm, e Guido Abbattista, Ricerca storica e telematica in Italia. Un bilancio provvisorio, «Cromhos», n. 4 (1999).

20 ANTONIO BRUSA, Il laboratorio storico, La Nuova Italia, Firenze 1991, p. 17.

21 Brusa, De Pace , Gentile, Per una costruzione della didattica cit., p. 90.

22 Ibidem.

23 Antonio Criscione, La rete come strumento per l’insegnamento/apprendimento della storia nella scuola, materiali del III Workshop: La didattica della storia, su archivi, ricerca storica e mutamento digitale, coordinato da Federico Valacchi (Università della Calabria), Stefano Vitali (Archivio di Stato di Firenze) e Andrea Zorzi (Università di Firenze), tenutosi il 4-5 ottobre 2002 a Firenze.

24 Per la realizzazione di tale progetto è stato creato un consorzio, già nell’anno scolastico 1999-2000, che ha coinvolto le istituzioni scolastiche (la scuola media Alfieri di San Damiano, la Direzione didattica di Villafranca, l’Istituto comprensivo di Villanova, la Direzione didattica di San Damiano), l’Istituto per la storia della Resistenza e della storia contemporanea della provincia di Asti e l’associazione culturale Il Capitello perduto di Cantarana. Cfr. l’URL http://www.bibliolab.it/.

26 gentile, La Didattica della Storia cit.

27 Dal sito Primavera dell’Europa – WebQuest rintracciabile all’URL http://www.eun.org/eun.org2/eun/it/SpringSite_Resources/sub_area.cfm?sa=3276.

28 MARCO GUASTAVIGNA, WebQuest: una buona prospettiva, «Insegnare», n. 11-2 (2003).

29 Rintracciabile all’URL http://www.eun.org/eun.org2/eun/it/SpringSite_Resources/content.cfm?ov=22237&lang=it.  Alri WebQuest sono stati realizzati all’interno del progetto "Reti Scuole e Territorio" IRRE Puglia – MIUR, i referenti del progetto sono Mario Marani e Rosa Nicoletti dell’Irre Puglia. http://www.irrepuglia.it/webquest/index_irre.htm. Si può inoltre consultare il WebQuest Portal all’ URL http://webquest.org.

30 Informazioni sul progetto sono rintracciabili all’indirizzo web: http://www.tecnologiaeducativa.it/articoli/trincea.htm. Dal sito: «Un'esperienza di utilizzazione dei Moo nella didattica della storia di Lucia Furlanetto e Filippo Viola. Nell'anno scolastico 1998/99, nell'ambito di una ricerca didattica sull'uso dei MUD/MOO come ambienti di apprendimento, è stato implementato e utilizzato un MUD/MOO (Un MUD o un MOO sono programmi che sfruttano le caratteristiche di un sistema informatico multiutente in rete per realizzare giochi di ruolo che coinvolgono numerosi partecipanti) a tema storico. A questa prima fase del progetto hanno partecipato - oltre agli operatori tecnologici delle scuole coinvolte (l'Istituto Comprensivo di Preganziol (TV) e la scuola media statale "Toti Dal Monte" di Mogliano Veneto (TV) - insegnanti di lettere e operatori psicopedagogici».

31 Per un approfondimento sui giochi di ruolo on-line: Stefano Zanero, Il gioco di ruolo on line, in Andrea Angiolino, Luca Giuliano e Beniamino Sidoti, Inventare destini. Il gioco di ruolo nelle scuole italiane, La meridiana, 2003.

32 Per un ulteriore approfondimento sul progetto si veda: http://www.irrsae.veneto.it/umbe/autonomia/SOTTOPROGETTO%20%20TRINCEA.html.

33 Guglielmo Trentin, Apprendimento collaborativi in rete, in Atti del convegno Tecnologie didattiche e scuola, Genova 12-14 febbraio 2001, pp. 74-80.

34 I docenti «contrari sostengono invece che è quasi una bestemmia usare la simulazione, quando si potrebbe benissimo misurare direttamente il mondo reale. Uno di essi dice: "I miei studenti ne sanno sempre più della realtà computerizzata e sempre meno del mondo reale. E in fin dei conti, non sanno più neanche che cos'è la realtà del computer, perché le simulazioni sono diventate talmente complesse che non è più possibile costruirsele da soli: bisogna comprarsele e così non si riesce più ad andare oltre la superficie. Se dietro a una di queste simulazioni ci sono presupposti sbagliati, un mio studente non saprà neanche dove o come andare a cercare il problema che dovrebbe risolvere. Temo che ormai stiamo andando verso una situazione tipo Fisica: the Movie”». Cfr.  Sherry Turkle, La simulazione è seducente ma, se non la capisci ,inganna, «Teléma», n. 12 in http://baldo.fub.it/telema/TELEMA12/Turkle12.html.

35 Grise J. B., voce Induzione/deduzione, in Enciclopedia, VII, Einaudi, Torino, pp. 369-383. Una sintesi dei problemi della modellistica in storia si trova in Cafagna L., Storia e modelli; la pratica storiografica, in Gli strumenti della ricerca, II, Questioni di metodo, II, Firenze, La Nuova Italia, pp. 1381-1393.

36 Martin Wynn, La « computer simulation», in A. Cecchini e J. L. Taylor (a cura di), La simulazione giocata, Franco Angeli, Milano 1987, p. 172.

        

   

©2007 Valentina Sepe.

   


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