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di PIER LUIGI POLDI ALLAJ

  

   
Il 18 febbraio è una data che ha segnato la storia parmigiana e non solo. Ricorre l'anniversario di un avvenimento che, nel 1248 di martedì, fece molto scalpore. è certamente questa una prima e semplice considerazione intorno alla sconfitta dell'imperatore Federico II di Svevia nella battaglia di Vittoria, nei pressi della città di Parma: evento eclatante, al di là delle connotazioni politiche, filoimperiali o filopapali, che intrinsecamente ha rivestito per il mutarsi degli equilibri nella gestione del potere.

Tentare una ricostruzione asettica di quel lontano terzo martedì di febbraio è sempre stata e sempre sarà ardua impresa per il divergere, e non poco, delle fonti, quelle imperiali da quelle guelfe, e queste ultime persino fra loro stesse.

Non si prenderà, pertanto, volutamente in esame la troppo di parte Cronica di fra' Salimbene de Adam, laddove i riferimenti alla battaglia sono pure desunti da terzi, da una lettera inviatagli - come lo stesso frate confessa - dai Parmigiani dopo la vittoria e recapitatagli nell'infermeria del convento di Sens, dove, nel cruciale momento, egli si ritrovava ricoverato, lui partito da Parma il 16 giugno 1247 per raggiungere Lione - era in corso il concilio - dove arrivava il giorno di Ognissanti. Altrettanto poco convincenti paiono tanto gli Annales Parmenses quanto gli - ovviamente ostili alle sorti di Parma - Annales Placentini Ghibellini.

Osservare una onorevole par condicio delle fonti di prima mano resta, comunque, il presupposto minimale per una corretta e leale valutazione dei fatti. Per questo si è ritenuto opportuno e giusto, al fine di rappresentare l'evento con la maggior verosimiglianza possibile, prendere in esame quattro documenti, quattro lettere, due per parte. Mostrano tutte, pur con evidenti toni antitetici, euforici le prime, costernati le seconde, e con evidenti diverse motivazioni, una univoca drammatica conclusione, la disfatta delle forze imperiali.

Le due lettere che escono da Parma (in: Raynaldi Annales Ecclesiastici ad annum 1248) sono scritte dal Podestà Bonifacio di Sala rispettivamente ai cavalieri ed al popolo di Milano e al Podestà Azzo ed al popolo dio Brescia. Nella prima si parla di una divagazione di milizie, prima della battaglia, verso la zona nord-est della campagna parmense, verso le odierne località di Colorno e Brescello. Nella seconda si parla più esplicitamente della battaglia che viene condotta «gratia Jesu Christi potentiam excitante», vale a dire o la va o la spacca! Ed andò, tanto che nel prosieguo della lettera, ben tacendosi dei propri morti, si parla di più di 1.500 nemici uccisi e più di 3.000 fatti prigionieri. Sul campo restano persino il marchese Lancia ed il giudice Taddeo di Suessa. L'imperatore Federico II, con pochi fidati, ripara dapprima a Borgo San Donnino e poi a Cremona.

Le due lettere imperiali (in: Petri de Vineis Epistolae, lib. II) addebitano il disastro al tradimento di infiltrati «qui nobiscum Victorie in specie fidelium proditorie morabantur», e confermano l'assalto, al pari dei militari, anche di semplici cittadini («tam milites quam populares exeuntes»), la prima, mentre la seconda, sempre confermando le proditorie macchinazioni e le devastazioni, tende a giustificare le imperdonabili distrazioni degli imperiali (lo stesso imperatore si trovava a caccia col falcone lungo le rive ed i boschi del vicino fiume Taro) col fatto che in quel giorno una cospicua parte delle truppe era stata inviata a costruire un ponte sul Po perché più agevolmente si potessero controllare i territori occupati.

La partecipazione di Bernardo di Rolando Rossi alla battaglia di Vittoria non appare messa in dubbio dalle fonti e dai testi esaminati. Egli ci viene descritto da Salimbene come un eroe, paragonato addirittura a Carlo Magno: 

«Porro de domno Bernardo de Rolando Rubei sciendum quod numquam vidi hominem qui melius personam magni principis representaret. Habebat enim apparentiam et exixtentiam. Nam quando erat in bello armatus et cum clava ferrea hostes percutiebat hinc inde, sicut a facie diaboli ita divertebant et fugiebant ab eo. Et cum volo eius personam in memoriam presentare, occurrit michi Magnus Karolus imperator secundum ea que de eo scripta leguntur et secundum ea que de isto oculis meis vidi».

è opinione comune che Bernardo sia stato ucciso l'anno successivo e precisamente il 20 marzo del 1249. Causa della sua morte sarà, più del valore e della gloria dei nemici, un beffardo quanto tragico incidente. Intentando scaramucce con gli imperiali, se ne ritornava a Collecchio da Fornovo: il cavallo gli inciampò, precipitandolo, ma tenendolo appeso. Prontamente raggiunto, venne trucidato senza alcuna possibilità di difesa.

Sulla data della morte e conseguentemente sulla sua attiva partecipazione alla battaglia di Vittoria un affresco della seconda metà avanzata del Cinquecento presente nella Rocca dei Rossi di San Secondo di Parma e la relativa poetica didascalia secentesca, tratta dal Manoscritto Parmense 569, conservato nella Biblioteca Palatina di Parma, parrebbero mostrare una ben diversa interpretazione:

Giacomo e Ugolin fratelli, e figli 
Di Bernardo, già morto, con le genti 
Del Papa e d'Azzo fan, ch'al fin si pigli 
Di notte, e che s'abbruci in fochi ardenti 
Vittoria. Federico dagli artigli 
Di si aquila salvato, ma gli argenti 
E gli ori persi, scettro, e la corona, 
La sua imperial alta persona.

      

Parte delle informazioni necessarie alla stesura dell'articolo sono state desunte dal bel libro Il più grande giorno di Parma (La Nazionale Ed., Parma 1988) di Lino Lionello GHIRARDINI, al quale va il mio grato e commosso ricordo.

    

  

 

© 2007 Pier Luigi Poldi Allaj

   


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