Sei in: Storiamedievale ® Pre-Testi

  English version

           di PIERFRANCESCO NESTOLA          

  Versione italiana

  

Torre Scanzana, oggi nota come Torre del faro o semplicemente faro, fu edificata nel XVI secolo su ordinanza del vicerè spagnolo. Dino D’Angella riporta nel suo Saggio storico [1] un decreto regio del 1568 per l’istituzione di un corpo armato di cavalleria lungo la costa jonica che parla esplicitamente dell’edificazione di un sistema difensivo: «Havendo li illustrissimi et Eccellentissimi Viceré del presente Regno ordinato la custodia et securtà de tutte le marine di detto Regno per lo quale ha fatto costruire ed edificare molte torri [...]». È tuttavia necessario mettere in relazione quanto si è appena osservato con il “nucleo” del decreto nella parte riguardante Montalbano e Pisticci per comprendere meglio la questione.

«MONT’ALBANO: Cavallari tre li quali habbiano da guardare e discorrere da detto luoco et Pantano di S.Basile infino alla bocca del fiume Acri, s’habbiano da pagare a detta ragione di ducati tre per ciascuno il mese et hanno da servire per detto tempo.

Mont’Albano predetto cavallari dui li quali s’habbiano da guardare, servire ed discorrere dalla bocca di detto fiume, cioè infino alla torre della Scanzana, et carricaturo di S. Stefano; s’hanno da pagare alla ragione suddetta et servire per detto tempo.

PISTICCI: Cavallari dui li quali habbiano da guardare et discorrere da detto luoco et Torre della Scanzana insino alla bocca del fiume Basento; s’hanno da pagare alla ragione predetta di ducati tre per uno il mese et hanno da servire per il tempo predetto».

Torre Scanzana era, stando alle notizie fin qui esaminate, un “crocevia”, un “nodo” essenziale nella rete di fortificazioni atte a difendere la costa, come si può evincere dalla funzione che il suddetto decreto sembra attribuirle. In effetti in località «Criminale», a breve distanza da Torre Scanzana si possono vedere i resti di un’altra torre, detta Torre Mozza [2], in pessimo stato di conservazione, palese testimonianza dell’esistenza, in loco, di un sistema difensivo più articolato.

Ma ci sono dei punti su cui gioverebbe fare chiarezza. Innanzitutto la data del 1568 in cui il decreto regio voleva istituire il corpo di «cavallari» di cui sopra. Nello stesso anno, infatti, fu restaurata la seconda cinta muraria di Montalbano (opinione comune è che fosse stata eretta nel 1568, ma la costruzione delle mura risale probabilmente al XIII secolo), come attestato dall’iscrizione un tempo inclusa nella «Porta della Terra» (la porta principale, un tempo chiamata «Porta Eraclea», ormai diruta) e che ora si trova nell’edificio dell’ex municipio ed ex liceo scientifico (nell’aula in cui il sottoscritto ha frequentato la prima classe del liceo), edificio ora vacante. Tale iscrizione recita: «Memoria praeteriti, timoreque futuri A. S. E. 1568». Qualcosa, si converrà, era successo.

In effetti il Rondinelli [3] ci informa di un’incursione turca in Calabria e Lucania prima del 1580, meglio ancora, nel 1555: evidentemente la costa jonica dovette essere il punto dal quale i pirati, una volta sbarcati, dovettero dare inizio alle scorrerie. Si comprende meglio, in questo modo, il testo dell’iscrizione posta sulle mura di Montalbano: la cittadina dovette fruttare un lauto bottino alla ciurma di malviventi. Inoltre, secondo lo stesso Rondinelli, i banditi non risparmiarono incendi, oltre ai saccheggi. Di qui la necessità di un sistema di fortificazioni lungo la costa atte al controllo dell’orizzonte, il cui funzionamento era strettamente legato al compito richiesto ai cavallari: «[...] discorrere dette marine, ciò la notte per il tempo et loco, che stanno qui notati con la vigilanza che se reca ordinandolo in nostro nome, si come noi li ordiniamo che debbano attendere di detta guardia con la diligentia, che si deve, discorrendo continuamente, che per il territorio, che a ciascheduno d’essi sta commesso... rispondendo l’uno cavallaro all’altro da posto in posto, et così anche con li guardiani delle torri, quali se trovano situate tra detti luochi che essi cavallari discresendo, et detti cavallari s’habbiano da eligere idonei [...]». Si noti, oltre alla chiarissima descrizione di un sistema difensivo ed anche di telecomunicazione in nuce, quanto il dispaccio sia preciso ed insista sulla competenza e sulla serietà dei cavallari: l’ipotetica scorreria turca dovette procurare seri danni ai fertilissimi campi della costa jonica (gli stessi che il governo attuale, con una scorreria non meno “piratesca”, stava per avvelenare nel novembre 2003 con le scorie nucleari) e all’economia del luogo, per non parlare del violento impatto che l’evento dovette avere sulla stessa comunità scanzanese e montalbanese.

Ma verosimilmente i due centri non furono l’unico obiettivo delle razzie. Stando allo stesso decreto regio si può notare come l’area interessata fosse l’intera fascia jonica, Rocca Imperiale a Bernalda, grosso modo i confini est e ovest della costa jonica lucana. Si noti inoltre che sono interessati anche centri situati nell’entrotrerra come Tursi, da cui i cavallari dovevano «discorrere» fino alla «torre della Bullita», vale a dire il territorio in cui oggi sorge Nova Siri Scalo. Ciò fa pensare ad un utilizzo delle fortificazioni più antiche, cui andò in supporto la nuova serie di costruzioni sulla costa: dalle mura di Montalbano o di Pisticci o dalla “Petrolla” era (e lo è tutt’oggi, barriere architettoniche permettendo) possibile controllare ampie porzioni di costa, senza contare il castrum di Policoro, attestato già in età sveva, dove, come tramanda Riccardo da San Germano [4]nel 1232 Federico II radunò le truppe per la spedizione contro i Saraceni di Sicilia.

D’altra parte il Libro Negro della città di Pisticci [5] ci informa che «Alli 24 di ottobre 1567 partio da Napoli davante me Stefano di Maria commissario de la Vicaria per venir in Pisticcio ad pigliar querele criminali et informazioni: venne con… [probabilmente una lacuna segnata con i puntini anziché con una crux]  et si partio da Pisticcio per ritornare ad Napoli a li tre di februaro 1568 mercordì matino venne lo cap.no di Ferrandina per commissione di la sommaria ad esaminare in Pisticcio ad istantia di Sr. Jobatt Comite alli cinque di februaro 1568».

Queste informazioni vanno a sposarsi perfettamente con un altro decreto regio del 1567 riportato dal D’Angella [6] «contro i fuoriusciti e i delinquenti», che riporta: «[…] Magnifici Capitanei, luogo tenenti, Sindaci, Eletti, università et homini delle sottoscritte Città, terre, luoghi di queste Provincie nostre carissime. Nell’anno passato essendo aumentati li forosciti li quali perturbavano il quieto vivere delli regi subditi, commettendone varii furti et eccessi, anzi con miglior agilità s’havessero potuto discacciare et estirpare, fu ordinato a molti delle sottoscritte terre, et luochi che avessero creati et eletti un certo numero di patricuriati et homini atti all’arme et scoppettieri con ordinarli il loro capo, con li quali ogni volta, che s’intessono forosciti nelli territori si dovesse uscire de un capo con una squadra, et perseguitarli, et pigliarli, et li capitanei, Sindaci, et eletti, si havessero donato aviso alle altre terre convicine… Noi con la presente ordiniamo esserci forosciti et delinquenti nel loro territorio debbiono uscire in loro persequutioni, et usare diligentia a cercarli, e cercarli e carcerati li conducono in questa Regia Hudienza et a fin che se li possa dare il condegno castigo, promettendo che quelli, che li ragione spetteranno alla corte di dette terre remittendoli qundo bisognerà uscire con loro gente ultra l’allestito debbiano detti capitanei , luochitenenti, Sindaci et Eletti uscire con l’altri et discacciarli et fare di modo, che a detti delinquenti non s’offerisca comodità di repatriare, et delinquere nelle loro terre, della quale eletione delli soldati fra sei giorni si debbiano mandare lista autentica in questa Regia audienza…

Dato in Salerno il dì 7 aprile 1567… Pisticci soldati venti in una squadra. Segue lista dei soldati fatta dall’univ. Di Pisticci […]». Allo stesso 1567 risalgono i Capitoli della città di Pisticci riportati nel Libro Negro [7], volti a regolamentare la vita civile del centro in modo singolarmente rigoroso. Tutto ciò fa pensare ad una situazione, se non di emergenza, quantomeno di tensione.

La piaga endemica del banditismo in quel periodo dovette aggravarsi, perché no, inasprita dalle frotte di galeotti “residui”, rimasti in loco dopo le suddette scorrerie. Ma a questo punto la datazione al 1555 della scorreria turca proposta dal Rondinelli sembrerebbe troppo antica. Considerando, però, i due decreti nel loro ordine cronologico (oltre al fatto che ci dovette volere del tempo prima che le “Università” si organizzassero) si può giungere ad altre conclusioni: dal decreto del 1567 si evince che le squadre armate organizzate a Pisticci (e verosimilmente negli altri centri del circondario) dovevano vigilare e «ogni volta, che s’intessono forosciti nelli territori» […] «uscire de un capo con una squadra, et perseguitarli, et pigliarli, et li capitanei, Sindaci, et eletti, si havessero donato aviso alle altre terre convicine…». Bisognava che avvertissero le guarnigioni dei centri vicini. Questo suggerisce un utilizzo delle fortificazioni più antiche poste nell’entroterra, sebbene un anno prima del decreto sui cavallari la rete di fortificazioni costiere cui apparteneva Torre Scanzana dovesse essere già efficiente.

Avanziamo un’ipotesi: fino al 1567 le fortificazioni costiere avevano un'altra funzione, cambiata a partire dal 1568 con l’istituzione del corpo di cavalleria. Prendiamo in considerazione Montalbano e Pisticci, gli unici centri i cui cavallari avevano come meta comune Torre Scanzana. Come si sarebbero comunicati gli eventuali avvistamenti bande armate dalla costa alle mura urbane? Il sistema di comunicazione doveva essere “doppio”: i due centri dovevano comunicare tra di loro tramite la Petrolla, che nel XVI secolo (più precisamente, nel 1553) è pure attestata come «Difesa della Petrolla» [8], dalle cui fortificazioni era possibile, come si è già detto, controllare la costa, da dove i guardiani di stanza nelle fortificazioni costiere dovevano confermare gli avvistamenti con eventuali segnali e da dove i “cavallari dovevano «discorrere» al fine di avvertire le torri vicine. Si noti che, come i cavalleggeri di Pisticci e Montalbano avevano come punto d’incontro Torre Scanzana, così lo avevano quelli di Montalbano e Tursi al «Pantano di San Basile» e quelli di Bernalda e Pisticci alla foce del “fiume Salandrella». Allo stesso modo i due corpi di cavallari di Tursi e Rocca Imperiale si sarebbero incontrati alla foce del Sinni.

Qui abbiamo un altro spunto di riflessione. Montalbano e Tursi sono, stando al decreto del 1568, gli unici due centri a dover fornire un maggior numero di cavallari, più precisamente due squadre composte da 2+2 “cavallari” per Tursi e 3+2 per Montalbano. Non a caso le due cittadine sono poste esattamente al centro sia dell’elenco riportato dal decreto che dello stesso sistema urbano preso in considerazione. Prendendo in considerazione i tre “punti di tangenza” dei cavallari di Tursi, Montalbano e Pisticci, ci accorgeremmo che essi segnano un’area più ristretta compresa tra l’odierno lido di Pisticci e Policoro-Nova Siri. Guarda caso, la linea in cui le fortificazioni costiere sono più distanti da quelle dell’entroterra: a Policoro il castrum citato doveva fungere da “tappa intermedia” tra le fortificazioni costiere e i centri interni come Rotondella e Nova Siri (paese); a Pisticci c’era la masseria-castello di San Basilio a comunicare con le torri cittadine e con le fortificazioni di Torre di Mare, l’odierna Metaponto, che era a sua volta era “collegata” con Bernalda. C’era dunque bisogno di un’azione “combinata”. L’area che resta è proprio quella di Montalbano e Scanzano, dove non troviamo fortificazioni “intermedie” tra la costa e l’entroterra: come facevano i due sistemi difensivi a comunicare tra loro? A mio avviso un ruolo chiave lo dovette avere, a tale scopo, il gran numero di masserie fortificate presenti nella zona, come Andriace (Casale Andriachium, masseria fortificata), Masseria Castello di Recoleta (per un’ipotesi di datazione anteriore al XVII secolo di quest’ultima, vedi l’articolo ad essa relativo in questa stessa rubrica), come lo ebbero poco lontano la suddetta masseria-castello di San Basilio e Santa Maria del Casale, presso Pisticci.

Al di là della datazione di un’eventuale scorreria turca al 1555, il territorio in questione dovette aver bisogno, negli anni ’60 del XVI secolo, di una riforma radicale, non solo dal punto di vista delle strutture e militare, ma comunicativo ed organizzativo più in generale.

   

BIBLIOGRAFIA DI BASE:

·       Dino D’Angella, Saggio storico sulla città di Pisticci, Pisticci 1978.

·       U. J. Andreae Martii Liber Niger Civitatis Pisticii, Opera A. D. 1567, edited by C. Spani, Roma 1988.

·       Riccardi de S.Germano Chroncon, in G. Del Re, Cronisti e Scrittori sincroni napoletani, II: Svevi, Napoli 1845-1868.

·       Prospero Rondinelli, Montalbano Jonico ed i suoi dintorni. Memorie storiche e topografiche, Taranto 1913.


NOTE

1 Dino D’Angella, Saggio storico sulla città di Pisticci, Pisticci 1978, pp.121-123.

2 Si rimanda la descrizione della torre ad una prossima scheda, in quanto l’agibilità del sentiero che vi conduce è stata scarsa per diversi giorni a causa delle continue piogge e pertanto non è stato possibile a chi scrive raggiungerla nei giorni passati.

3 Prospero Rondinelli, Montalbano Jonico ed i suoi dintorni. Memorie storiche e topografiche, Taranto 1913, pp. 34-35: il Rondinelli si rifà ad un “fascicolo manoscritto del tempo [1573] contente grazie e privilegi, chiesti dalla cittadinanza montalbanese al nuovo principe Don Garzia de Toledo dopo il 1573, cioè dopo che costui ebbe comprato Montalbano e preso possesso del feudo.

4 Riccardi de S.Germano Chronicon, in G. Del Re, Cronisti e Scrittori sincroni napoletani, II: Svevi, Napoli 1845-1868, p. 76.

5 U. J. Andreae Martii Liber Niger Civitatis Pisticii, Opera A. D. 1567, a cura di C. Spani, Roma 1988, p. 132: “Militi di Pisticcio”.

6 Dino D’Angella, Saggio storico sulla città di Pisticci cit., pp. 119-120.

7 U. J. Andreae Martii Liber Niger Civitatis Pisticii cit., pp. 49-84 (nella versione originale latina: pp. 85-125 tradotti in italiano).

8 Ivi, p. 145.

   

  

©2004 Pierfrancesco Nestola

  


torna su

Pre-testi: Indice

Home