Sei in: Storiamedievale ® Pre-Testi

 

di Elisa Delgrosso

Il tracciato della Via degli Abati da Bobbio piacentino a Pontremoli massese.

La fortezza di Bardi, antichissimo baluardo da sempre perno fondamentale per la difesa e la gestione del territorio, posto al crocevia fra Valtaro e Valceno. Un primo corpo di fabbrica pare sia comparso a partire dal x secolo a. C., ma lo sviluppo maggiore avvenne con lo stato Landi, di cui Bardi fu nominata capitale.  Breve scorcio della fortezza di Bardi con sullo sfondo la sinuosa via che porta al paese.  Il castello di Compiano, tutt'oggi ancora contorniato da un suggestivo borgo murato, conserva una struttura risalente per lo più al XV secolo, anche se al suo interno ha perso la sua conformazione medievale a causa di numerosi rimaneggiamenti.  Un'altra visuale del Castello di Compiano posto sul tragitto della Via degli Abati.  In questa torre, recentemente portata alla luce, si trova l'ultima traccia concreta di quello che era l'imponente castello di Borgo val di Taro, al tempo Torresana.  Uno dei tanti ponti ben restaurati che costellano la parte antica della storica cittadina della Lunigiana, primo lembo di Toscana stretto fra Emilia e Liguria, snodo principale per i pellegrini diretti a Roma, Brindisi e Gerusalemme.  

    

Un antico percorso, di gran lunga più antico della famosa Via Francigena, attraversa parte del territorio parmense, in particolare la zona appenninica. È la Via degli Abati, qualcosa che si può definire come una “storia dimenticata”, una traccia del nostro passato sepolta dallo scorrere inesorabile del tempo.

Questo percorso in realtà è antichissimo e davvero prezioso alla conoscenza, realizzato a cavallo del VII secolo dai monaci del monastero di San Colombano a Bobbio, in provincia di Piacenza. Grazie all’applicazione e all’impegno di Giovanni Magistretti, studioso piacentino, la storia di questa importante Via sta tornando alla ribalta. C’è da dire poi che la particolarità di questa Strada è quella di essere interamente percorribile a piedi, lontano dagli “intralci moderni”, molto adatta anche per gli appassionati di mountain bike e di equitazione. 

Certo, per un percorso del genere, praticamente abbandonato a se stesso, ci sarebbe un costante bisogno di interventi di manutenzione e di ripristino, i quali renderebbero la vecchia arteria sconosciuta facilmente percorribile da parte di tutti senza troppi sforzi.

E lo stesso Magistretti va via via (è proprio il caso di dirlo…) incontrando i vari enti del territorio, piacentino e parmense, per discutere sulle possibilità di recupero di questo antico percorso, che porterebbe a galla una parte importante della storia locale, senza considerare poi il cospicuo impatto turistico che potrebbe avere.

Non solo via Francigena, quindi. Ecco che spunta allora un’alternativa, anche più umile se si vuole, ma altrettanto ricca di spunti di riflessione, meritevole di essere conosciuta e valorizzata.

Importanti poi sarebbero il risvolto e la ricaduta per la montagna del parmense, che per la maggior parte comprende il sentiero, da sempre un po’ marginale rispetto al resto del territorio provinciale, talvolta per ovvi motivi. Per questa via si potrebbe ritrovare un filo conduttore per spiegare i tanti perché non del tutto risolti della maggior parte delle costruzioni medievali presenti tutt’oggi davanti ai nostri occhi lungo il percorso.

Fra monasteri, castelli e antiche tracce di insediamenti altomedievali, la Via degli Abati si snoda in un percorso di circa cento chilometri, per la gran parte immersa nella natura selvatica.

Il punto di partenza è Bobbio, che col suo monastero fondato nel 613 da San Colombano, ha rappresentato costituito per secoli il centro assoluto attorno a cui si muoveva la spinta culturale dell’Italia settentrionale intera. Proprio da qui, i monaci di Bobbio partirono coll’identificare questa via, che arriva direttamente a Pontremoli, e che oltre a scopi di pellegrinaggio (dalla Lunigiana infatti si proseguiva per Roma), aveva sul suo percorso numerosi punti importanti dal punto di vista religioso ma anche economico. Ricordiamo, infatti, che Borgo val di Taro era forse il più importante e redditizio possedimento del monastero di Bobbio, oltre a costituire un luogo di sosta e ricambio dei cavalli.

Quindi da Bobbio la strada procede per i borghi di Coli, Mareto e Groppallo, attraversando nel piacentino i castelli dell’alta Val Nure, fino a giungere nel parmense, con Bardi e Borgo val di Taro. Il valico da passare per raggiungere la Lunigiana era il passo del Borgallo, allora molto più sicuro rispetto al passaggio obbligato dal quale la via Francigena portava al Passo della Cisa, controllato inizialmente da una fortezza bizantina.

Quindi questa Via, come è storicamente provato, fu l’arteria principale degli spostamenti almeno fino al X secolo, quando quel varco sparì come era comparso, decadendo pian piano per lasciare il posto alla Via Francigena, la Via medievale per eccellenza.

Ma rimangono tuttora i numerosi edifici storici che sorsero o si svilupparono in corrispondenza di questa antica Via. Per citarne qualcuno, la chiesa di Coli, ed in particolare la grotta di San Michele, in cui san Colombano si ritirò in preghiera per quaranta giorni prima della morte; ma anche, oltre al più ovvio centro di Bobbio, l’antica chiesa di San Cristoforo, sita a pochi chilometri da Borgo val di Taro, o i manieri di Bardi e Compiano.

È ormai fuori dubbio quanto la Via degli Abati sia capace di restituirci un patrimonio culturale ed artistico di grande importanza, che riassume i secoli dell’Alto medioevo piacentino-parmense ed in parte toscano. Un varco appennino all’ombra imponente della mistica figura di san Colombano, il santo venuto dall’Irlanda che ancora oggi non cessa di esercitare un forte potere carismatico a livello europeo.

    

  

©2007 Elisa Delgrosso.

    


torna su

Pre-testi: Indice

Home