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di VALTER FASCIO

I presunti stemmi di Arduino e di sua moglie Berta di Borgogna così come nel 1700 vennero affrescati nel salone degli stemmi del castello di Masino.

 

   

«Del regno di cui Arduino volle esser re, e del suo trono malcerto, vi sono notizie precise; egli invece è come avvolto da una nebbia, qua e là rischiarata da improvvisi, corruschi, brevi bagliori - e ciò in vita come in morte» (Mino Milani)

 

Correvano i primi anni dopo il Mille epoca di aspre lotte e di vendette, torbida e feroce ma anche pervasa di una profonda idealità, in cui si eleva e troneggia tra storia e mito la figura potentemente drammatica di Arduino, che dal marchesato d’Ivrea assurge al fastigio reale e insorge contro il dominio germanico e dei vescovi.

Arduino nasce probabilmente nel castello di Pombia intorno al 955 da Dadone che ebbe la marca di Ivrea prima di lui. Questo dominio comprendeva i comitati di Ivrea, Pombia, Vercelli, Stazzona, Bulgaria, Ossola e Lomello. In una data imprecisata sposa Berta, presumibilmente figlia del marchese di Liguria Oberto. Arduino succede al padre Dadone intorno all’anno 990. Cruento e irruente come un capitano di ventura, interprete della piccola nobiltà campagnola (i secondi militi), in contrasto con la vecchia nobiltà, appena assunto il governo della marca d’Ivrea cerca di rialzare il prestigio del potere marchionale e di rivendicare i diritti che erano man mano passati al potere ecclesiastico. Nel 955, successivamente alla concessione da parte dell’imperatrice Adelaide (reggente per conto del nipote Ottone III) della corte di Caresana al vescovo Pietro di Vercelli, fomenta disordini contro l’alto prelato con la speranza di rientrare in possesso di quelle terre.

Tra le contese con l’episcopato vercellese sembrano fondamentali le prerogative sulle importanti aurifodine della Bessa. Nel 997 i disordini sfociano in una rivolta armata che si conclude con la tragica uccisione del vescovo. Di questo episcopicidio, a torto o a ragione, è accusato Arduino, che riceve la scomunica da Warmondo vescovo di Ivrea. Un seguente diploma imperiale concede al vescovo di Ivrea la città con il suo territorio e quello di Vercelli, oltre il grande borgo di Santhià, che parrebbe includere l’importante zona della Bessa.

Arduino nel 1000 decide di recarsi a Roma per giustificarsi e domandare all’imperatore Ottone III di cassare le esenzioni rilasciate dalla nonna Adelaide e i provvedimenti fortemente punitivi. A Roma Arduino, per la solerzia del vescovo Leone, viene però citato avanti l’imperatore e il papa riuniti al sinodo, come episcopicida. Ne segue un giudizio veloce e severo. Viene destituito da marchese, passando il titolo al figlio Ardicione e condannato a farsi seduta stante monaco. Arduino rientra immediatamente nei suoi possedimenti, grazie anche all’aiuto, o quanto meno alla compiacenza, del cugino Olderico Manfredi, marchese di Torino, e si prepara a combattere.

Nei primi mesi del 1001, sfruttando le complicate situazioni politiche che impegnano altrove l’imperatore, con il suo esercito conquista Ivrea e Vercelli cacciando i rispettivi vescovi dalle loro sedi. Ottone III non potrà punirlo per le sue azioni poiché viene colto da morte improvvisa, avvenuta il 23 gennaio 1002 nel castello di Civita Castellana. Arduino è rapido nel trarre a proprio favore il vuoto di potere e la violenta reazione contro la politica imperiale che segue la scomparsa dell’imperatore. Il 15 febbraio dello stesso anno viene eletto re d’Italia da una dieta di principi e signori italiani appositamente convocata a Pavia nella basilica di San Michele, grazie anche all’assenza del potentissimo arcivescovo di Milano Arnolfo, impegnato altrove a Costantinopoli.

Sennonché i vescovi, ricolmi d’ogni sorta di privilegi concessi da parte dell’Impero, non potevano certo tollerare l’emancipazione dell’Italia, e ce la misero tutta per combattere l’intruso. Poco dopo, a Ottone III succede il cugino Enrico di Baviera. Nei primi mesi del 1003 questi invia in Italia Ottone di Carinzia, conte di Verona, per affrontare e sconfiggere Arduino, che però interviene prontamente, e vince il tedesco in battaglia a Fabbrica lungo l’Adige (Monte Ungarico) e lo costringe alla precipitosa ritirata. Il regno italico è salvo; tuttavia è molto disgregato, e il sovrano non riesce a imporre ovunque la sua volontà. Arduino resta debole anche dopo la vittoria di Fabbrica, perché non in grado di affrontare nuovamente l’assoluta strapotenza dell’imperatore tedesco. Tuttavia nel medesimo anno della splendida vittoria di Fabbrica favorisce la fondazione dell’abbazia di Fruttuaria presso San Benigno Canavese ad opera del nipote Guglielmo, figlio di sua sorella Perinzia e del conte di Volpiano. 

L’anno 1004 scende in Italia lo stesso Enrico II con un fortissimo esercito, per chiudere, una volta per tutte, la partita con il ribelle Arduino, ma questi non accetta la battaglia in campo aperto e si arrocca, con i pochi fedelissimi rimasti al suo fianco, nella valle dell’Orco dove, grazie ad un naturale apprestamento difensivo imperniato sul castello di Sparone e sulla chiusa di Pont, sostiene un assedio pesantissimo, prolungatosi per quasi sette mesi. Il Chronicon Novalicense parla addirittura di un anno, ma gli spostamenti documentati dell’imperatore che il 14 maggio risulta a Pavia dove viene incoronato e già nel gennaio 1005 si trova rientrato in Germania, lasciano supporre che l’assedio si collochi nel vuoto di quei sette mesi.

Alla fine l’imperatore deve lasciare il campo per via delle sommosse che il duca Boleslao di Polonia, gli ungari e gli slavi, stanno creando al confine orientale dell’impero germanico. Arduino ritorna ad essere libero nel riprendere il suo posto di sovrano e recupera il pieno possesso dei territori persi, ma nonostante l’inaspettata vittoria rimane un sovrano che non può contare su molte forze disponibili e su un governo sicuro. Il suo potere è legittimato prevalentemente nel nord-ovest del Regno Italico, mentre restano quasi sempre incontrollabili le terre di Romagna, Toscana, Veneto, Friuli e il sud. Dopo l’assedio di Sparone Arduino regnerà altri dieci anni, senza più scontrarsi con l’imperatore essendo quest’ultimo sempre impegnato nella difesa dei confini dell’impero: tocca il colmo della potenza e della gloria ma è consapevole che la sua stella non può splendere a lungo.

Nel corso del 1013 il vescovo Leone, diventato nel frattempo molto forte e invadente, lo obbliga con un pretesto a muovergli ancora guerra e a occupare Vercelli. Questo episodio è il movente della nuova calata in Italia dell’imperatore Enrico II accompagnato da numerose truppe. Trovandosi ancora di fronte alla prospettiva di una guerra dalla vittoria difficile, ma soprattutto all’ultimo abbandonato dai più, nel dicembre del 1013, ormai vecchio e probabilmente con i primi segni della malattia che lo porterà alla fine, Arduino decide di lasciare il campo imbattuto, obbedendo alla condanna espressa a suo tempo dal papa.

Salvata con un lungo negoziato solamente la contea di Pombia a favore dei suoi eredi, si ritira in stato monacale all’abbazia di Fruttuaria, si spoglia delle insegne regali e le depone per sempre. Il primo re d’Italia, già in un lontano Medioevo precursore inconsapevole di un futuro in cui si è voluto scorgere il sentimento dell’indipendenza e dignità della patria, morirà un anno dopo, il 14 dicembre del 1015.

Medaglione in marmo bianco su fondo nero di Arduino d’Ivrea.

    

Arduino d’Ivrea esce dalla storia ufficiale repentinamente e drammaticamente come vi è entrato: sbuca con la spada in mano da una fosca notte risuonante di grida e illuminata di incendi, e scompare in silenzio, il mento raso, i piedi scalzi. La sua avventura si consuma in un lasso di tempo brevissimo, una ventina d’anni. La fiamma che ha fatto di lui un personaggio rigoroso, testardo, irriducibile, si è spenta d’improvviso.

Che cosa è veramente accaduto nell’estate del 1014? E che progetto aveva Arduino? Riaffermare il primato del trono, o spezzare il regno in feudi? Ebbe la capacità politica di utilizzare i secondi militi, inducendoli ad una lotta non loro? Ovvero lui stesso si ingannava, ed era diventato uno strumento di quelli? Ovvero ancora, aveva uno scopo segreto, e tutto quanto fece era soltanto l’inizio, un prologo: e l’obiettivo finale, quello che ci permetterebbe di capire, s’interrompe, non è mai terminato. Se Arduino aveva un segreto, certamente lo ha portato con sé nel silenzio del sepolcro di Fruttuaria.

“Fosca intorno è l’ombra di re Arduino” (Piemonte di Giosuè Carducci)

 

  

©2004 Valter Fascio.

   


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