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di Giacomo Annibaldis

«Arte sumera, arte romanica» di Jurgis Baltrusaitis. Aberrazioni, deformazioni: il fascino dell’investigazione dello storico lituano-parigino. Con un intrigante «ritratto» di J.-F. Chevrier

Lo storico dell’arte Jurgis Baltrusaitis (morto nel 1988).

    

Avviso agli adepti. A tutti quelli che, pur professando un razionale approccio alle cose, non si fanno mancare incursioni sul crinale dell’irrazionale. Per puro piacere di affacciarsi sul vuoto. L’avviso agli adepti riguarda l’uscita del saggio Arte sumera, arte romanica di Jurgis Baltrusaitis, edito da Adelphi, che dal 1973 va pubblicando tutte le opere di questo storico dell’arte lituano-parigino, stravagante nei suoi molteplici interessi quanto poco accademico (non insegnò mai in alcuna università francese).

Dal Medioevo fantastico all’Anamorfosi, dalle Aberrazioni alla Ricerca di Iside... le opere di Baltrusaitis assomigliano davvero ai «peradam» (il termine misterioso che dà nome alla collana adelphiana nella quale - non a caso - appare quest’ultimo volume): assomigliano cioè a quelle pietre limpide e d’estrema durezza, sferiche e di grossezza variabile ma - fatto eccezionale - cristalli ricurvi. Esse dimostrano il tragitto sorprendente di questo singolare esploratore dei mille mondi che si nascondono sotto il semplice ornato, manuali di investigazione in occulti reticoli dell’immagine, dove ritrovare - come stampi universali mai obliati e sempre riaffioranti - concetti e deformazioni insospettabili.

Pochi storici dell’arte hanno mostrato di essere vicini all’arte contemporanea quanto Baltrusaitis, pur nell’evidente distacco e disinteresse dalla produzione artistica attuale. D’altronde questo saggio dedicato ad Arte sumera, arte romanica - pubblicato nel 1934 e riedito un anno dopo la morte dello studioso nel 1989 -, mostra a sufficienza le capacità combinatorie e la vasta erudizione di Baltrusaitis. Per quanto - a leggerlo oggi - denunci un eccesso di tecnica comparativa e cumulativa; e mostri i segni del tempo.

Il volume in realtà si segnala molto più per il profilo che Jean-François Chevrier, volle presentare postumo, in omaggio a un erudito che rischiava di essere riletto in «prospettiva depravata». E difatti - suggerisce
l’editore - il «ritratto» di Chevrier «resta ancora l’unica, preziosa fonte sulla vita di Baltrusaitis». Pagine intriganti e insuperabili, nonostante il tracciato «pedissequo» scelto dal biografo, che segue passo passo l’attività del lituano, opera dopo opera. Vi si mostra un Baltrusaitis poco incline, anzi del tutto restìo ad aderire al classicismo
e al «buon gusto» francese; molto più incline ad esplorare i margini dell’arte dell’Occidente (per riprendere la
formula di Henri Focillon, che fu il suo «fautore» negli studi) sì da ritrovare «le tracce e le risorgenze delle millenarie culture orientali e le riserve più o meno attive di una immaginazione visionaria».

Ecco, la parola più adeguata è: visionario. Quella fascinazione per la folla dei mostri e dei demoni nelle cattedrali
gotiche, per il trionfo dei bestiari più inconsueti, per le cineserie fiorite nei giardini del ‘700 europeo, vengono da Baltrusaitis «trattati con la rigorosa minuziosità di una tecnica naturalistica». Lasciandosi catturare dalle sue «prospettive deformate» (Anamorfosi, Aberrazioni...) il lettore rischia l’approccio ambiguo, e perciò corre l’obbligo di precisare - e Chevrier lo fa - che si è ben lontani da una «apologia dell’irrazionale, della magia, dei simboli oscuri e dei misteri fuligginosi».

Il «ritratto» tracciato da Chevrier ci svela un Baltrusaitis ben noto ai suoi ammiratori: l’indagatore che s’inoltra in territori audaci, aprendosi la strada da solo. E ci racconta inoltre una «mitologia biografica» e personalissima, che a volte tocca il fiabesco. Come quando, da bambino (otto anni), trovandosi a Milano con i genitori, il piccolo Jurgis si smarrì tra la folla, ma come per incanto riuscì a ritrovare da solo l’albergo. «Un angelo è sceso da una guglia del Duomo e mi ha preso per mano», rivelò. E non si è mai saputo se questa sua era soltanto una battuta. Visionaria.

   

Arte sumera, arte romanica, di Jurgis Baltrusaitis, con un «Ritratto» di J.-F. Chevrier, trad. di M. Infurna, Adelphi ed., pp. 259, euro 29,00.

    

  

©2007 Giacomo Annibaldis. L'articolo è stato pubblicato sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» del 13/02/2007.

    


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