Sei in: Storiamedievale ® Pre-Testi

di FRANCESCO VIOLANTE

Giotto, ciclo di san Francesco: La rinuncia agli averi (Assisi, Basilica Superiore)

Le fonti      La vita      L'Ordine dopo Francesco      Temi e problemi      Bibliografia


Le fonti

Varie e discordanti si presentano le fonti storiche e agiografiche riguardanti la vita di Francesco, complicate come sono da interessi di natura politica ed ecclesiastica. La «questione francescana» vede impegnata una lunga tradizione storiografica nel vaglio e nella ricostruzione genealogica delle biografie e nella critica testuale, cercando una ricostruzione il più possibile attendibile della vicenda storica di Francesco.

    

La prima biografia “ufficiale” è la Vita Prima di Tommaso da Celano (1190 ca.-1260 ca.), commissionata da papa Gregorio IX poco prima della canonizzazione (1228), in cui appare evidente il processo di crescita spirituale di un peccatore sostenuto dalla grazia del Signore e da cui dipendono numerose altre Legendae e biografie poco originali. La redazione da parte dello stesso Tommaso della Vita Secunda (1246-1247), completamento e  riscrittura della precedente,  si svolge all’incirca  nello stesso periodo in cui viene preparata la testimonianza della vita di Francesco scritta da tre frati a lui molto vicini, Leone, Angelo e Rufino, nota come Legenda trium sociorum, svincolata dai tradizionali schemi agiografici. Lo stesso Tommaso da Celano compila un Tractatus de miraculis (1250-1253), in cui il santo viene presentato secondo lo stereotipo del taumaturgo. Nel 1263 Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274), ministro generale dell’Ordine, completa una stringata biografia in linea con le esigenze della Curia, la Legenda Maior (per distinguerla da una minor, ad uso liturgico), che si impone ufficialmente alle altre anche grazie al rogo di esse (ne restano infatti pochissimi manoscritti, scoperti solo negli ultimi due secoli) ordinato nel Capitolo generale di Parigi del 1266 (analogamente a quanto accadde nell’Ordine domenicano nel 1260 in favore della Legenda di S. Domenico scritta da Umberto di Romans).

La versione bonaventuriana «normalizzata» della vita di Francesco trova la sua espressione nel ciclo assisiate di affreschi ad opera di Giotto (1267 ca.-1337), mentre testimonianze sparse scritte e orali appaiono in raccolte non ufficiali tra fine Duecento e primi del Trecento: lo Speculum perfectionis, gli Scripta Leonis, gli Actus Beati Francisci et Sociorum eius (tra 1327 e 1340) e la loro volgarizzazione tardo-trecentesca, i Fioretti, la Legenda antiqua (o perusina). Di Francesco restano Lettere, Esortazioni, il testo delle due Regulae, Laudi, Preghiere (compreso il Cantico di frate Sole) e un Commento al «Pater noster».

   

La vita

Del Francesco precedente la conversione, dedito a feste e banchetti, ispirante la sua vita a modelli cavallereschi di prodigalità, cortesia e valore guerresco, egli che apparteneva alla ricca borghesia assisiate, non v’è traccia nel Testamentum, scritto tra 1225 e 1226, in cui vi si allude genericamente con l’espressione in peccatis, che indica appunto la vita mondana. Tra il 1209 e il 1210, dopo varie e contrastate esperienze che risolvono il suo stato di inquietudine religiosa e spirituale in una coerente accettazione dell’imitatio Christi, rafforzata da codici cavallereschi di comportamento, chiede a Innocenzo III (1160 ca.-1216) l’approvazione della raccolta di testi evangelici cui si ispirava la norma di vita (il termine «regula» è indebita aggiunta del biografo) dei «minori». 

La Legenda maior narra dell’approvazione verbale concessa dal papa in relazione all’assunzione del diaconato (con la tonsura) e alla possibilità di predicare, ma solo in ambito morale (e non dottrinale). Altre testimonianze, come quella molto importante del cronista benedettino Ruggero di Wendover, mostrano il duro scontro tra Innocenzo e Francesco, e pare che in questo contesto si collochi l’episodio della predica agli uccelli. La visione pacificata di Giotto, che giustifica le interpretazioni ambientaliste della spiritualità francescana, contrasta con le prime rappresentazioni della vicenda: gli uccelli sono infatti i rapaci che divorano re e potenti nell’Apocalisse (Ap. 19, 17-18), e Roma, che non accoglie Francesco, viene assimilata alla grande e corrotta Babilonia. D’altro canto, l’iconografia tradisce il disagio verso la prima esperienza francescana, sospetta di eresia al modo di Valdesi e Umiliati, sebbene la fede nell’eucaristia garantisse la scelta ortodossa di Francesco, non mostrando mai la predicazione di Francesco ad un pubblico in carne e ossa. 

In realtà solo con il pontificato di Onorio III († 1227) l’attività della comunità francescana, che dal 1212-1213 ha anche un ramo femminile con Chiara d’Assisi (1193/94-1253) e la sue compagne, inizia a raccogliere i consensi della Curia. Nei contrasti con l’episcopato, con le sue istanze di organizzazione e regolarizzazione, e nel recupero dei valori monastici tradizionali da parte di alcuni confratelli, durante il viaggio in Egitto di Francesco (1219) si consuma la prima crisi dell’ordine, per dirimere la quale viene chiamato il cardinale Ugolino d’Ostia (1170 ca.-1241), futuro Gregorio IX, ammiratore di Francesco. Viene poco dopo (1221) redatta la prima Regola (non bullata, ovvero approvata dal pontefice solo verbalmente), arricchimento di quella presentata a Innocenzo III, che non basta a superare diffidenze e ostilità, ancora vigendo il divieto del concilio Laterano IV (1215) di fondare nuovi ordini religiosi.

La seconda Regola viene approvata da Onorio III nel 1223 (perciò detta bullata) e risulta frutto di un compromesso  tra l’ideale di  semplicità evangelica  e le esigenze  istituzionali della Chiesa. Nel 1224, sul monte della Verna, Francesco, stanco, malato e deluso dalle vicende dell’ordine, si affida  al rito delle Sortes Apostolorum (consistente nell’aprire per tre volte a caso la Bibbia e divinare la volontà di Dio dalla lettura dei primi versetti sui quali si fossero posati gli occhi), cui già aveva fatto ricorso nel 1209, per comprendere come affrontare l’ultimo periodo della sua vita.  Le stimmate,  con i problemi che esse hanno posto già ai contemporanei in termini di credibilità e di ortodossia in primo luogo, compendiano nell’immagine agiografica la sconcertante e inedita immedesimazione di Francesco col Cristo-uomo della Passione.

Giotto, ciclo di san Francesco: Le stigmate

    

L’Ordine dopo Francesco

La rapida istituzionalizzazione dell’Ordine, ancora vivo Francesco, attraverso la politica pontificia di inserimento dei frati nell’episcopato e di concessione di privilegi, e il partecipare dei frati alle complesse vicende politiche del tempo (vedi la deposizione dal generalato nel 1239 di Elia da Cortona per essere passato dalla parte dello scomunicato Federico II) accrebbe la frattura tra conventuali, disposti ad un’interpretazione meno rigida della regola, e rigoristi (spirituali o fraticelli), miranti ad un’adesione integrale allo spirito e alla lettera della volontà del fondatore. Il confluire negli ambienti rigoristi di dottrine millenariste di derivazione gioachimita (Gioacchino da Fiore, 1130 ca.-1202) tocca il più alto punto di sintesi nell’elaborazione dell’Introductorius in Evangelium Aeternum (1254 ca.) da parte del francescano Gherardo da Borgo San Donnino, che ridimensionando la portata del Vangelo scatenò la violenta controffensiva dei maestri secolari di Parigi, primo fra tutti Guglielmo di Saint-Amour.

L’ascesa di Bonaventura al vertice dell’Ordine, come si comprende dalle vicende riportate nel paragrafo sulle fonti, determinò una tendenza allo smussamento dei conflitti tra le due correnti nel senso però di una decisa conventualizzazione. Pietro da Fossombrone (Angelo Clareno, 1247-1337),  Pietro di Giovanni Olivi (1248 ca.-1298), Ubertino da Casale (1259 ca.-1330 ca.) mantengono vive le interpretazioni millenaristico-rigoristiche della regola francescana, che sembrano avverarsi con l’ascesa al soglio pontificio dello spirituale Celestino V (Pietro di Morrone, 1210/1215-1296).

Giotto, ciclo di san Francesco: Funerali di san Francesco (particolare)

   

Le persecuzioni di gruppi marginali del francescanesimo (bizzochi, questuanti, penitenti) da parte di Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, 1235 ca.-1303), e poi la bolla Cum inter nonnullos (1322) di papa Giovanni XXII (Jacques Duèse, 1245-1334) risolvono nel modo più drastico i dissensi all’interno dell’Ordine, causando scomuniche reciproche e l’intervento dell’imperatore Ludovico il Bavaro (1287-1347), che ospitava il francescano Guglielmo d’Occam (1280 ca.-1349 ca.), a difesa degli spirituali. Coerentemente con la chiusura ad esperienze evangelico-pauperistiche al di fuori della Chiesa decretata nel Concilio di Lione del 1274, anche i movimenti di Gherardo Segarelli († 1300) e di Dolcino (1250 ca.-1307), in cui la radicalizzazione religiosa e politica crebbe anche dal punto di vista ideologico, erano destinati a soccombere al rogo.

 

Temi e problemi

Nell’Occidente del XIII secolo la vicenda di Francesco e dell’Ordine da lui fondato dà vita ad una serie di problemi e prospettive di ricerca cui qui si accennerà solo brevemente. L’esperienza della società tendente sempre di più a organizzarsi in comunità (cittadine, di lavoro e di studio), sviluppando una nuova sensibilità all’idea di lavoro e denaro e che vede nuovi e profondi legami intrecciarsi tra scienza e potere, viene investita in maniera radicale dalla critica francescana, pur quando strettamente legata all’ortodossia. L’insistenza di Francesco al rifiuto del denaro, nel contesto dell’espansione economica duecentesca, e al rifiuto dei libri, nel secolo delle università, sostanzia un’esperienza monastica che, comunque si svolga poi la storia dell’Ordine, riconosce la città come ambito privilegiato della predicazione, nuova quest’ultima sotto l’aspetto della «gioia» con la quale vengono caratterizzati i frati minori.

La concezione della donna, oscillante tra antica immagine di peccatrice della tradizione e forte pregnanza simbolica nell’immaginario di Francesco, sembra un altro dei temi sui quali la storiografia ha puntato le sue armi critiche. L’apertura e nello stesso tempo la chiusura al mondo, la predicazione della povertà evangelica in un contesto che andava nella direzione opposta, sono connotati storicamente nel XIII secolo ma si pongono anche come modello di azione e di interpretazione dello stare al mondo di cui vale la pena discutere ancora oggi.

  

Bibliografia (cui si rimanda per le indicazioni sulle fonti)

Manselli R., San Francesco, Roma 1980;

Cardini F., San Francesco d’Assisi, Milano 1989;

Merlo G. G., Eretici ed eresie medievali, Bologna 1989;

Miccoli G., Francesco d’Assisi. Realtà e memoria di un’esperienza cristiana, Torino 1991;

Frugoni C., Francesco e l’invenzione delle stimmate. Una storia per immagini e parole fino a Giotto e a Bonaventura, Torino 1993;

Ead., Vita di un uomo: Francesco d’Assisi, Torino 1995;

Benvenuti A., La religiosità eterodossa, in Storia medievale, Roma 1998, pp. [493-534] 519-533;

Faitelli F., San Francesco. Il giullare di Dio, Firenze 2000;  

Dalarun J., Santa e ribelle. Vita di Chiara da Rimini, Roma-Bari 2000;

Le Goff J., San Francesco d’Assisi, con una postfazione di J. Dalarun, Roma-Bari 2002 (I ed. Paris 1999).

  

   

©2006 Francesco Violante (I ediz.: 2002)

   


torna su

Pre-testi: Indice

Home