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di GIUSEPPE DALFINO

Oria, chiesa di Santa Maria di Gallana

   

La storia della chiesa dedicata alla Madonna di Gallana, in agro di Oria (Brindisi), unica emergenza sopravvissuta alla definitiva scomparsa del centro abitato omonimo, è particolare sia dal punto di vista architettonico che da quello della tradizione popolare. Le curiose origini sono infatti legate a leggende che provengono da antiche memorie oritane, protagonisti fantomatiche regine e personaggi appartenenti alle Chanson de geste, con particolare riferimento alla Chanson de Roland [1], che creano un’attenzione che va al di la del mero studio storico artistico per condurci nel pieno delle tradizioni che vogliono le chiese fondate da personaggi illustri.

Studi ed analisi approfondite condotte da storici locali [2] e per ultimo da me, hanno consentito di ricostruirne non solo le vicende, ma anche la posizione particolare che la chiesa occupa nell’ambito del complesso fenomeno delle chiese a cupole in asse ampiamente testimoniato in Puglia.

Si tratta di radi frammenti di una storia articolata e complessa che occupa lo spazio di tempo di cinque secoli, dal IX (data attribuita dallo scrivente all’edificazione del monumento) al XVI, con ovvi periodi oscuri.

Il territorio oritano è stato da sempre una zona molto popolata grazie alla particolare fertilità del suolo, all'abbondanza d'acqua e alla mitezza del clima. Sono sorti così molti piccoli centri rurali tra i quali anche il casale di Gallano posto a sud-est di Oria, lungo la vecchia strada che da questa portava a Latiano, in prossimità di un incrocio tra più vie vicinali. Una di queste conduce alla chiesa dedicata alla Vergine di Gallana sita nella «contrada Madonna di Gallano»[3] (fig. 1) tra la Masseria Sciersi e Villa Nina.

Ci troviamo nella zona dell'antico «ager uritanus», che cominciava a nord del tratto costiero tra S.Pietro in Bevagna e S. Isidoro e che s'inoltrava sino a raggiungere le foreste di Lecce e di Brindisi [4]. La frequenza dei toponimi di origine prediale e le importanti testimonianze fornite dai numerosi resti di strutture architettoniche riferibili a ville rustiche e ad un calidarium, rinvenuti in «contrada Madonna di Gallano» negli anni ’60 del XX secolo, dimostrano la presenza di un grande insediamento del I secolo a.C.

è probabile che la nascita del casale sia collegabile al formarsi di nuclei fortificati lungo i versanti longobardo a nord e greco a sud del cosiddetto “Limitone dei greci”, su cui molto si è discusso, ma che sembra essere stato una linea difensiva creata dai bizantini fra la seconda metà del VII e l'VIII secolo a protezione dell'istmo salentino dalle mire espansionistiche dei longobardi beneventani in terra d'Otranto. Il toponimo “Limitone dei Greci” compare esplicitamente nella tavoletta dell’IGM relativa a Torre S. Susanna [5] (fig. 2) in un tratto che comprende la masseria Li Turri, presso la quale sorgeva il casale di Crepacore con la chiesa dedicata a S. Pietro. Le affinità strutturali della chiesa di S. Maria di Gallana con S. Pietro di Crepacore, rendono più credibile l'ipotesi della edificazione delle due chiese in contemporanea o in funzione della costruzione del Limes, da intendersi come punto strategico per il controllo del territorio.

L’inusuale, o piuttosto unica, dedicazione alla Madonna di Gallana deriva dalla trasformazione del nome di una Gens Gerellana che aveva i suoi possedimenti nell'agro di Oria e più precisamente nella zona dove, secoli dopo, sarebbe sorta la chiesa con il suo villaggio. L’unico documento attestato dell'esistenza di questo nome è relativo a due epigrafi, entrambe dedicate a Gerellanus, rinvenute rispettivamente l’una durante i lavori di consolidamento all’abside della chiesa, operati dalla Soprintendenza nel 1991 (fig. 3), e l'altra in un luogo imprecisato nei pressi di Francavilla Fontana [6].

La chiesa si sviluppa longitudinalmente in senso NNE / SSO. è a pianta rettangolare a navata unica conclusa da un’abside semicircolare e coperta da due cupole in asse. Un ambiente voltato a botte sul lato destro dell’edificio corrisponde al braccio superstite di un transetto trasversale, seguito da un corpo di fabbrica a pianta circolare a N/E (fig. 4).

Sul lato sinistro, il braccio del transetto corrispondente e la navata sono andati perduti in seguito ad un crollo.

     

Figg. 1-4

Esterni

Una facciata a doppio spiovente contiene l'attuale ingresso alla chiesa a cui si accede da una porta con profilo rettangolare sormontata da un architrave monolitico su cui, una lunetta cieca ci fa comprendere subito che ci troviamo di fronte ad una aggiunta sei-settecentesca.

La porta è affiancata da due bancali in tufo [7]. Sulla destra, una porta di più modeste dimensioni conduce ad un ambiente corrispondente ad una antica navata (fig. 5).

Il lato sinistro, monco della navata, attualmente interrato per circa m 1, comprende porzioni di muratura originaria costituita da conci irregolari e integrazioni avvenute in seguito al crollo con blocchi in tufo perfettamente squadrati. Due archi fornivano il collegamento tra la navata centrale e la navata sinistra (fig. 6). Segue un arco che è quanto rimane del braccio mancante del transetto (fig. 7). Sul tratto corrispondente al presbiterio, blocchi di grosse dimensioni chiudono un accesso che conduceva ad un ambiente di servizio (fig. 8).

Conclude l'edificio l’abside semicircolare, la cui posizione a N fa pensare ad un elemento di recupero di una struttura preesistente non destinata al culto cristiano. La tecnica utilizzata ricorda l'opus listatum in uso sin dall'età di Adriano, che si diffonde all'inizio del IV sec. d.C. (fig. 9 e fig. 10)

Nel caso di Gallana, si tratterebbe di una muratura tipicamente bizantina che prevedeva l’uso di un cemento costituito da calce e sabbia e materiale inerte come frammenti di mattoni e ciottoli come descritta dal Mango nella trattazione più generale delle tecniche costruttive bizantine che l’autore paragona a quelle romane di periodo imperiale [8].

     

Figg. 5-8

     

Figg. 9-12

Il corpo di fabbrica annesso

Segue a N/E il corpo di fabbrica a pianta circolare a cui si è già accennato. Si tratta di una costruzione a pianta centrale di m 6,85 di diametro, ubicata a N/E del complesso a m 3,5 di distanza dall'abside (fig. 11 e fig. 12). Attraverso l’ingresso attuale, ottenuto da una breccia seguita al prolungamento di una bifora (fig. 13) si accede ad uno spazio circolare con le pareti imbiancate a calce, a sinistra del quale si aprono altre due bifore cieche (fig. 14). Di fronte all'ingresso attuale, vi è l'accesso originale (fig. 15) che conduceva alla chiesa attraverso un ambiente a pianta quadrata murato in tempi moderni e ridotto a deposito attrezzi.

Secondo le testimonianze raccolte dai locali coloni, che attualmente utilizzano l’ambiente come abitazione, al tempo dell’acquisto della struttura la quota del piano di calpestio era più bassa e l’accesso avveniva mediante alcuni gradini che conducevano ad una quota di circa m 1 sotto il piano di campagna.

Considerando l’icnografia e la posizione a N/E della chiesa, la sua funzione originaria potrebbe essere stata quella di battistero [9]. Generalmente la forma a pianta centrale della maggior parte dei battisteri s’ispira ai mausolei e agli heroa classici. In particolare, la pianta circolare coperta da cupola rimanda ai martyria o memoriae 10], luoghi sacri legati alla memoria dei martiri e all’anastasiV.

La chiesa avrebbe ricoperto quindi un ruolo importante all’interno del territorio rurale, svolgendo il ruolo di Pieve, più rara nel Sud Italia, dove il vescovo saltuariamente si recava per i riti di sua pertinenza, e dove il “battistero” e gli ambienti annessi furono edificati in funzione del rito.

Completamente rivestito all’interno e all’esterno da uno spesso strato di intonaco che ne impedisce la lettura dei paramenti murari, ha accesso volto ad Est, ricavato dal prolungamento di una bifora affiancata a destra e sinistra da sorta di pilastri monchi nella parte inferiore.

Si può quindi ipotizzare che anche le altre due bifore, presenti lungo il perimetro ed oggi cieche, fossero affiancate da simili pilastri così com’è probabile che questi siano stati aggiunti ai lati della bifora ad Est in conseguenza della sua trasformazione in ingresso.

Il De Giorgi, descrivendo il corpo di fabbrica nel 1914, c’informa che: «…la luce nella stanza annessa alla chiesa di Gallano era data da quattro finestre bifore visibili soltanto all'esterno. Gli archetti delle bifore sono di mattoni messi per taglio. Sotto la bifora volta a sud fu in tempi assai recenti aperta la porta che oggi mena a quella stanza» [11]. Alba Medea nel 1939 descrive l’edificio come «….una costruzione circolare di materiale misto sormontata da cupola sferica e che presenta resti di archetti oggi coperti dall'intonaco e residui di finestrelle decorate a mattone; si notano anche dei piccoli rosoni a mattoni di cui due sono guasti, che decoravano tutt'attorno l'edificio» [12]. De Giorgi e Medea non ci dicono precisamente quanti fossero i rosoni a mattoni, di cui oggi ne rimane visibile solo uno posto sull'ingresso attuale, dove gli altri sono probabilmente coperti dalle pesanti mani di calce bianca che rivestono l’edificio. L’uso dei laterizi da cui si ricavano temi decorativi come croci, oculi ciechi e monogrammi, è largamente diffuso e pone le sue origini nell’epoca paleocristiana di cui abbiamo degli esempi a S. Stefano Rotondo a Roma e in seguito, in epoca longobarda, a S. Anastasia a Ponte, che richiamano temi già noti in chiese greche ed anatoliche [13].  

   

Figg. 13-15

La Ecclesia Baptismalis

Se fosse possibile attribuire con certezza la funzione di battistero all'edificio a pianta circolare, ci troveremmo di fronte ad un unico complesso chiesa-battistero, ossia una ecclesia baptismalis o plebs: una pieve con funzioni di chiesa battesimale all'interno di una comunità rurale e matrice rispetto alle altre del distretto. «Si tratta di una forma di organizzazione del territorio rurale, eccentrica in confronto al capoluogo diocesano, ma centripeta di fronte alla popolazione sparsa sul largo distretto rurale» [14].

La creazione nel contado di luoghi di culto era da attribuirsi sia alla rottura dell'unità politica del mezzogiorno longobardo sia alla creazione di nuclei signorili che tendevano verso l'autonomia amministrativa e politica, nonché al clero insofferente ad accettare una collocazione ben precisa nella diocesi.

Il problema della collocazione cronologica di Gallana come ecclesia baptismalis non trova soluzione assoluta data la mancanza di scavi che potrebbero eventualmente rivelare la presenza della vasca battesimale all’interno dell’ambiente E.

Nonostante questa grave lacuna si è sviluppata l’ipotesi secondo la quale lo sviluppo del villaggio di Gallano fece nascere l'esigenza di un'adeguata assistenza religiosa che si tradusse, tra il X e l’XI secolo, nell’ampliamento dell'edificio religioso, fino ad allora mononave, in un complesso chiesa-battistero con impianto basilicale a tre navate.

è in questo periodo che Oria fu sede dell’episcopato, trasferito da Brindisi nel IX-X secolo, a causa delle pressioni saracene iniziate nel secolo precedente, ed ivi rimasto fino alla fine dell'XI secolo, quando fu ritrasferita alla sede di partenza [15].

       

Figg. 16-20

Navata centrale

La navata centrale è coperta da due cupole in asse contenute in tiburi di forma ellittica le cui forme e dimensioni diverse sono giustificate da rimaneggiamenti di età medievale occorsi alla cupola più vicina all’abside, avvenuti in epoca imprecisabile (fig. 16).

Si accede all’unica navata percorribile, lunga m 24,42 e larga m 6,8, attraverso quattro gradini che conducono ad una quota di m 1,00 sotto il piano stradale. La navata si divide in due sezioni dove la prima corrisponde ad uno spazio voltato a botte di forma quadrangolare, e la seconda è quella coperta dalle due cupole (fig. 17, fig. 18 e fig. 19). costruite con filari di conci squadrati posti a cerchi concentrici che scaricano il peso sui pilastri attraverso pennacchi, passando gradualmente dalla sezione ellittica descritta dalla cupola a quella quadrangolare della campata (fig. 20) [16].

Ho già accennato ad alcuni dissesti avvenuti in epoca imprecisata che causarono il crollo della cupola più vicina all’abside. Il crollo interessò la calotta della cupola e la parte superiore del tiburio.

I dissesti descritti furono così risolti: esternamente fu utilizzato il tiburio originale come base per costruirne uno nuovo di diametro leggermente inferiore e di m 1,00 d’altezza e la calotta della cupola ricostruita.

L’intervento mirava a creare una struttura più leggera giacché doveva insistere su una base preesistente e precedentemente minata dal dissesto. A tal fine nella muratura vennero inseriti filari di laterizi a guisa di meridiani inscritti in una circonferenza e un certo numero di tubi fittili secondo uno schema costruttivo già in uso in età romana [17]. Il risultato fu magistrale, la nuova cupola, ricostruita secondo antiche tecniche, risultò così stabile e funzionale attestando altresì la presenza di maestranze forse esterne all’ambito salentino.

   

Le fasi di edificazione

Tra tutti gli studiosi, che nel tempo si sono occupati della chiesa, solo alcuni hanno tentato di stabilirne le fasi costruttive per le quali sono state prospettate diverse soluzioni che si sono poi rivelate imprecise dopo gli studi condotti direttamente dal sottoscritto con l’aiuto del geometra Giuseppe Mele, coautore insieme al sottoscritto della monografia dedicata al monumento, sulle strutture che compongono la chiesa e da cui è emersa una nuova scansione in sei fasi di edificazione [18].

       

Figg. 21-25

Affreschi

Le pareti interne della chiesa sono ornate da quanto rimane di un “ciclo pittorico mariano” come due rappresentazioni della Annunciazione (fig. 21), una Dormitio Virginis (fig. 22), una Deposizione (fig. 23 e fig. 24), un teoria di santi nel catino absidale e una Deesis nella calotta absidale (fig. 25). Tutte le figure, purtroppo, sono state deturpate dai colpi di martello, inferti per aumentare la superficie di contatto e favorire l’aderenza di successivi strati d’intonaco, che coprivano tutte le superfici dipinte fino al momento del restauro curato dalla Soprintendenza nel 1991 che comunque hanno permesso il salvataggio dei temi elencati [19].

   

    

NOTE

1  Dalfino G. - Mele G., Santa Maria di Gallana in Agro di Oria. Storia e Architettura, Bari 2005. p. 29.

2 Mattarelli Pagano M., Raccolta di notizie patrie dell'antica città di Oria nella Messapia 1729 (a cura di E. Travaglini), Oria 1976, pp. 111-112; Albanese D., Historia della antica città di Oria della provincia di Terra d'Otranto raccolta da molti antichi e moderni geografi et historici dal filosofo et medico Domenico Albanese della stessa città nella quale anco si descrive l'origine di molti luoghi spettanti alla sua diocesi copiata dal fu sacerdote D. Pasquale De Nitto l'anno 1751, L . IV, p. 338; Mattarelli Pagano, Raccolta di notizie cit.,  p. 21; Papatodero G., Fortuna di Oria, città in provincia di Otranto nel regno di Napoli, Napoli 1775, p. 296; De Giorgi C., La provincia di Lecce, bozzetti di viaggio, Lecce 1882, p. 21; Tanzi Ferrante G., L'Archivio di Stato di Lecce, Lecce 1902, p. 133; Marsella B. P., Ricordi storici di Oria messapica, Roma 1934, p. 71; ID., Il marchesato dei Bonifacio in Oria e il processo dell'Università oritana contro Gianbernardino, Oria 1943, p. 8; De Giorgi C., S. Maria di Gallana in territorio di Oria, in «Rivista storica salentina», VIII (1914), pp. 173-184; Coco F.A.P., La foresta oritana e i suoi antichi casali, ivi, XII (1919), nn. 7-8, pp. 159-174; Jurlaro R., Le origini romane e la vita bizantina di una scomparsa città del Salento, in «L'Osservatore romano», 7 aprile 1968, p. 5; Mongiello L., Chiese di Puglia. Il fenomeno delle chiese a cupola, Bari 1980.

3 Istituto Geografico Militare (I.G.M.), F. 203, IV S E Francavilla Fontana.

4  Uggeri G., Notiziario Topografico Salentino. Contributi per la Carta archeologica e per il censimento dei beni culturali, I, in Quaderni dell'Archivio Storico Pugliese, 12 (1973), pp. 24-25.

5 I.G.M. F. 203 I S.O.

6 C. I. L. IX, 224. Maruggi G.A., Oria (Brindisi). Madonna di Gallano, in: «Notiziario delle attività di tutela (giugno 1990-maggio 1991). Taras», XI (1991), n. 2, pp. 288-289. Ulteriori iscrizioni rinvenute nella zona di Oria e Brindisi riportano il nome Gerellanus e stabilendo definitivamente il ruolo che nel territorio ebbe la Gens Gerellana: AE 1978, 207: D(is) M(anibus) / Iulia L(uci) l(iberta) Tertia / v(ixit) a(nnos) LX / P(ublius) Gerellanus P(ubli) l(ibertus) / Taurio v(ixit) a(nnos) LXX / h(ic) s(iti); C.I.L. IX, 50: Dis Manib(us) / Mercelliae T(iti) f(iliae) / Festae / P(ublius) Gerellanus Fusc(us?) / matri ptim(ae) / huic ordo decur(ionum) / statuam funus loc(um) / publ(ice) decr(etum) / v(ixit) a(nnos) XXXVIII h(ic) s(ita) .

7  Volgarmente chiamati pisuli, occupano una posizione insolita. Questi, infatti, sono elementi peculiari delle case coloniche posti all'esterno delle stesse.

8  L 'origine di questo tipo di tessitura muraria è tardoantica e poi ereditata dall'architettura bizantina del periodo definito dal Mango "costantinopolitano". Mango C., Architettura Bizantina, Milano 1989, pp. 7- 8. In Italia meridionale si diffonde, soprattutto in Campania, in epoca paleocristiana [vedi per esempio San Giorgio Maggiore a Napoli e Santa Maria Maggiore a Nocera, come anche, nello stesso periodo, in Puglia ed in particolare a Canosa nel tempio di S. Leucio dove alcuni blocchi sono in opera listata, nell'abside di S. Sofia, costruzione con fondazioni di epoca paleocristiana su cui si è impostata la chiesa longobarda e nel battistero di S. Giovanni sulla facciata e nella parte superiore del nartece]. Ma è a partire dalla seconda metà dell'VIII secolo, al tempo della dominazione longobarda, che in area beneventana si diffonde l'uso di questo tipo di muratura. A Benevento, infatti troviamo la chiesa di Santa Sofia dove il rapporto, molto regolare, è di due filari di laterizi a uno di tufelli. Altri esempi campani sono, S. Maria a Compulteria ad Avigliano e Santa Anastasia a Ponte, entrambi in provincia di Benevento. Cfr. anche Rotili M., Benevento romana e longobarda. L'immagine urbana, Napoli 1986; Castelfranchi,  pp. 201 e s.; Bertelli G., Cultura longobarda nella Puglia altomedievale. Il tempietto di Seppannibale presso Fasano, Bari 1994.

9  Vedi posizione del battistero del complesso chiesa - battistero - sepolcreto ad Altamura in località Belmonte. Iorio R., Presenze Bizantine-Longobarde a Belmonte, in «Altamura. Bollettino dell'Archivio - Biblioteca - Museo civico», Altamura 1977-1978, pp. 47-81.

10  L’opera fondamentale a proposito dei Martyria è quella di Grabar A., Martyrium I, Parigi 1946; vedi anche Testini P., Archeologia cristiana. Nozioni generali dalle origini alla fine del sec.VI. 1980,  pp. 607 s., a cui si rimanda per la bibliografia.

11 De Giorgi C., S.Maria di Gallana in territorio di Oria, in «Rivista storica salentina», VIII (1914), pp. 173-184.

[12  Medea A., Gli affreschi delle cripte eremitiche pugliesi, Roma 1939, p. 244.

13  Enciclopedia Cattolica, s.v. “Pieve”, s.d., p. 146. Il termine “pieve” è adoperato dalla chiesa romana ufficialmente nell’826, ma già in uso un secolo prima, cfr. Violante C., Le strutture organizzative della cura d’anime nelle campagne dell’Italia centro-settentrionale (sec. V-X), in Cristianizzazione e organizzazione ecclesiastica delle campagne nell’alto medioevo: espansione e resistenze, Atti della XXVII Settimana di Studio del C.I.S.A.M., Spoleto 1982, pp. 983-997.

14  Fonseca C.D., Particolarismo istituzionale e organizzazione ecclesiastica del Mezzogiorno medioevale, Galatina 1987, pp. 33-35; p. 82.

15  Italia Pontificia sive repertorium privilegiorum et litterarum a romanis pontificibus ante annum MCLXXXXVIII. Italiae. Ecclesiis monasteriis civitatibus singulisque personis concessorum. Subente societate gottingensi congessit PAULUS FRIDOLINUS KEHR, vol. IX. Samnium-Apulia-Lucania, edidit WALTHERUS HOLZMANN, MCMXII, pp. 383-84. Il primo documento che nomina esplicitamente la sede episcopale di Oria risale al 785, anno in cui il Papa Adriano I scrisse all'Imperatrice di Costantinopoli Irene una lettera con la quale la invitava a desistere dalla politica di distacco delle chiese dell'Italia meridionale dalla curia romana. Cfr. Gallone, La chiesa oritana tra bizantini e normanni (Dalle origini al secolo XII), Oria s.d., p. 10.

16  è proprio l’aver evidenziato questo particolare architettonico che accomuna S. Maria di Gallana e S. Pietro Crepacore che ha permesso alla Bertelli di ritenere le due chiese “elementi di passaggio” diverse da quegli edifici databili tra il V e l'VIII secolo dove invece l’inserimento di trombe angolari è nettamente percettibile. Cfr. Bertelli, Cultura longobarda cit., pp. 48-49.

17  Per uno studio delle cupole e per l’uso dei tubi fittili nelle cupole nell’architettura bizantina e romana vedi Adam J.-P., L’arte di costruire presso i romani. Materiali e tecniche, Milano 1984, pp. 194-205; Venditti A., Architettura bizantina nell’Italia meridionale,Campania-Calabria-Lucania, Napoli 1967, pp. 57-63 e bibliografia precedente; Mango, Architettura Bizantina cit., pp. 11-12. La soluzione utilizzata nella costruzione di questa cupola è ben nota in area campana, romana e umbra rispettivamente nel Battistero, datato genericamente all’epoca paleocristiana, di S. Maria Maggiore a Nocera superiore e nel Mausoleo di S. Costanza a Roma e S Angelo a Perugia (sec. V). Cfr. Testini, Archeologia cristiana cit.,  pp. 656- 657, a cui si rimanda per la bibliografia.

18  dalfino - mele, Santa Maria di Gallana cit., pp. 51-64.

19  Ivi, pp. 65-80.

      

      

©2007 Giuseppe Dalfino.

   


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