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di LAURA MALINVERNI

 

 

La promettente adolescenza

Ippolita nasce il 18 marzo o aprile 1445 a Iesi (alcune fonti dicono a Pesaro), e muore a Napoli nell’estate del 1488.

Sua madre è Bianca Maria Visconti, suo padre il celebre condottiero Francesco Sforza, al tempo impegnato a combattere nell’Italia centrale, ma che cinque anni dopo diventerà signore di Milano per acclamazione popolare, capostipite della dinastia che governerà Milano con alterne vicende fino ai primi decenni del Cinquecento.

Fra i suoi insegnanti c’è il grecista Costantino Lascaris, fuggito da Costantinopoli occupata dai Turchi e giunto nel ducato milanese perché chiamato da Francesco Sforza, il quale gli dà l’incarico di insegnare giusto il greco a Ippolita, appassionata per le lingue antiche. Per la fanciulla il Lascaris scrive una grammatica greca, che diventerà in seguito il primo libro a stampa a caratteri greci. Anche Baldo Martorelli, umanista marchigiano che a corte era precettore pure di Galeazzo Maria, destinato a diventare duca di Milano, le dedica un libro, la Grammatica ad uso di Ippolita Maria Sforza, oggi fra i codici conservati a Milano alla Biblioteca Trivulziana, composta nel 1454 e che alla fine reca l’iscrizione: «Baldus Martorellus Piceni has regulas composuit pro illustri Comite Galeaz et inclita domina Hippolita sorore ejus qui non recusat ut quantum de hoc libello tantum de sui parvi nominis fama detrahatur».

Ma la ragazza eccelle anche nella danza, arte squisitamente cortigiana per la quale meriterà in seguito l’appellativo di “dea”. La prima stesura del Libro dell’arte del danzare di Antonio Cornazzano, il teorico della danza piacentino, risalente al 1455 o al 1465 (le fonti sono discordanti) venne dedicata proprio ad Ippolita.

Nel 1459 papa Pio II indìce a Mantova un Concilio per organizzare una crociata contro i Turchi. Francesco Sforza partecipa inviando la moglie Bianca Maria con alcuni figli: l’intento è anche quello di ottenere il permesso papale per la costruzione a Milano dell’Ospedale Maggiore, già in corso ad opera del Filerete, e per l’istituzione della Festa del Perdono, da ripetersi ogni anno il 25 marzo, festività dell’Annunciazione. Al Concilio di Mantova, Bianca Maria Visconti giunge con i figli Ippolita, Filippo, Sforza, Ludovico e Ascanio: Ippolita, accompagnata dal precettore Martorelli, ha 14 anni, il piccolo Ascanio solo 4. Il quadretto della madre circondata dai figlioli sul sagrato del Duomo mantovano deve aver colpito profondamente il pontefice, se nei suoi Commentarii Pio II descrive i bambini «non altrimenti che angeli mandati dal cielo». Il pontefice, che è il dotto umanista senese Enea Silvio Piccolomini, viene sorpreso dall’orazione in latino che la giovanissima Ippolita ha composto e che pronuncia al suo cospetto in quell’occasione: «eleganter ut omnes qui aderant in admirationem adduxerit» [1].

   

Matrimonio ed eclissi

La ragazza aveva grazia naturale e un portamento elegante. Promessa sposa già dal 1455 ad Alfonso d’Aragona, principe di Calabria ed erede al trono di Napoli, nel 1465 parte alla testa di un fastoso corteo per raggiungere il marito nel regno. Durante il lungo viaggio che da Milano la conduce a Napoli, nel quale è accompagnata ancora una volta da Baldo Martorelli e da Costantino Lascaris, la ragazza fa molte soste e, probabilmente consigliata dagli insigni precettori, acquista libri antichi, che colleziona con passione (ci è giunta notizia di un Tolomeo acquistato per quaranta ducati a Firenze). Il suo ingresso nella città partenopea è accompagnato da un’eclissi solare, il che non venne considerato di buon auspicio dai numerosi presenti. Tuttavia, i festeggiamenti per quelle nozze sono eccezionali e re Ferdinando d’Aragona si dimostra affascinato dalla giovane nuora; puntuali resoconti epistolari ci confermano che la Sforza «polita e bella» aveva «facto duy balli novi sopra dui canzoni francesi de sua fantasia, che la Maestà del re non have altro piacere, né altro paradiso non pare che trove, se non quando la vede danzare et anche cantare» [2].

   

In famiglia Ippolita diventa per tutti la Principessa.

  

Tre anni più tardi torna a Milano in compagnia del consorte; gli oratori mantovani narrano che il suo soggiorno in questa occasione viene turbato da frequenti battibecchi col fratello Galeazzo Maria, ormai  diventato duca: le battute del fratello rivelano però ammirazione di fronte al fascino pienamente sbocciato di Ippolita, i cui abiti «alla napoletana» e le raffinate acconciature sono imitati da tutte le dame di corte [3].

Già a Milano Ippolita aveva posseduto uno “studiolo” stracolmo di libri: a Napoli, a Castel Capuano, sua residenza, crea la Galeazza, biblioteca personale in cui trascorre molto tempo. L’amicizia che per tutta la vita la legherà al Magnifico è cementata anche dal comune amore per i classici.

  

Una “sotterranea” attività diplomatica?

Ci sono rimaste varie lettere autografe di Ippolita, scritte nella grafia bella e regolare di chi ha consuetudine con lo studio.

Nel 1475 parla con il fratello duca di Milano della duplice, contemporanea malattia che ha colto re Ferrante e suo marito Alfonso nel 1475, ed interviene presso di lui a favore di persone della sua corte. Sappiamo che nel 1477 il Consiglio Segreto del Castello decide all’unanimità di scrivere alla Duchessa di Calabria perché si adoperi a trovare finalmente una buona moglie per Filippo Sforza, suo fratello, di 4 anni più giovane di lei; e ancora, in una lettera ducale dell’agosto 1480, agli oratori presso la corte di Napoli si raccomanda d’insistere perché Ippolita favorisca il matrimonio tra Filippo e la sorella minore del principe di Salerno, Giovanna Sanseverino. Tutte pratiche destinate a rimanere senza esito.

Ippolita del resto non rinuncia ad interessarsi alla politica del tempo: il fratello Ludovico il Moro le “affida”, nominalmente se non proprio in pratica, il Ducato di Bari, che gli era stato assegnato dopo la morte di un altro fratello, Sforza Maria. Nel 1480, quando Otranto cade in mano ai Turchi, Ippolita scrive ai suoi parenti milanesi descrivendo dettagliatamente l’intervento delle truppe aragonesi, comandate da suo marito Alfonso, nel recupero della città, e parla con cognizione di causa della morte del sultano Maometto II, consapevole degli effetti politici che essa ha avuto nell’andamento del conflitto.

L’anno precedente il suo intervento “diplomatico” con l’amico personale Lorenzo il Magnifico era stato prezioso durante le trattative intercorse tra questi e il re per concludere una pace tra Firenze e Napoli.

Ciononostante, la figura di Ippolita Sforza rimane in ombra dal punto di vista storiografico: a tutt’oggi non esiste né una biografia a lei dedicata espressamente né studi approfonditi attorno alla sua figura.



1 Commentarii rerum memorabilium…, P II Pont. Max, a cura di L. Totano, Adelphi, Milano 1984.

2 I brani delle lettere sono tratti da AsMi, Fondo Visconteo Sforzesco; Potenze estere (Napoli); A Autografi (Ippolita Sforza).

3 Carteggio degli oratori mantovani, a cura di Nadia Covini, vol.VIII.

 

Le informazioni biografiche sono tratte da:

Gregory Lubkin, A Renaissance Court – Milan under Galeazzo Maria Sforza, University of California Press, Berkeley/Los Angeles/London 1994.

Caterina Santoro, Gli Sforza e Gli Offici del Comune di Milano e del Ducato visconteo-sforzesco, vol. 2, Milano 1968.

Marcello Simonetta, Rinascimento segreto – Il mondo del segretario da Petrarca a Machiavelli, Milano 2004.

Lila Jahn, Bianca Maria duchessa di Milano, Milano 1941.

     

     

© 2006 Laura Malinverni

 


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