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di NINO LAVERMICOCCA

 

Com'è noto, due sono i maggiori "giacimenti" dell'
Iraq, uno meno noto alla opinione pubblica, ma di grandissima suggestione ed importanza - l'archeologia - e l'altro, notissimo invece alle "lobbies" degli affari (assai più redditizio ed ambito a tutti i costi, compreso l'uso della forza): il petrolio. Ambedue i giacimenti affiorarono in quella terra, allora inospitale, desertica e di difficile accesso, verso la metà dell'Ottocento e i primi del Novecento, fra colpi di scena, avventure e conflitti, inseriti nelle più vaste e complesse vicende storiche del vicino Oriente.

L'Iraq era considerato uno Stato cuscinetto fra i due grandi Imperi ai confini: la Persia e la Turchia, occupato ora dall'una ora dall'altra. Nel 1534 fu conquistato da Solimano il Magnifico, insieme alle città di Baghdad, Mossul, Bassora, Kufa, Nagaf, ecc., che costituirono ciascuna dei "principati", retti dagli "Ulama", appartenenti alle famiglie aristocratiche, che nelle città "sante", assunsero il ruolo di custodi dei santi sepolcri musulmani. Perduto a vantaggio della dinastia iranica dei Safavidi, il cui "Sha", Abbas il Grande, conquistò Baghdad nel 1623, fu ripreso dagli Ottomani nel 1638, i quali dilagaraono anche in Siria, Egitto ed Arabia occidentale. I Turchi lasciarono però all'Iraq una certa autonomia ed infatti fra 1747 e 1831 il paese fu governato dalla dinastia dei Pasha (Hasan Pasha, Ahmad Pasha, Sulaiman il Grande, morto nel 1802, ecc.), appartenenti a famiglie notabili, al potere ciascuna nelle città più importanti, come la "famiglia" dei Galili a Mossul o gli Afrasiyabiti a Bassora.

Midhat Pasha

  

Ma già dal 1798 la Gran Bretagna, che cercava attraverso l'Iraq una "scorciatoia" terrestre per raggiungere l'India, insediò a Baghdad il primo "Console" della East India Company. Nel paese, abitato da una moltitudine di etnie: Curdi, Arabi, Assiri, Ebrei, Yazidi, ecc., Midhat Pasha tentò fra 1869 e 1872 di varare le prime grandi riforme della proprietà terriera, della amministrazione e della suddivisione del territorio in distretti, ma dovette arrendersi di fronte all'ostilità delle tribù e dei latifondisti. Comunque passi avanti sulla via del progresso e dell'ammodernamento furono compiuti con l'inaugurazione della linea telegrafica Baghdad-Istanbul e col progetto tedesco di linea ferroviaria, osteggiato dalla Gran Bretagna (furono realizzati soltanto un centinaio di chilometri di binari).

Nel 1920 la scoperta dei giacimenti petroliferi indusse gli Inglesi, che già progettavano di abbandonare l'Iraq, a una revisione della loro politica di intervento nell'area, stabilizzando la loro presenza, in seguito all'accordo Sykes-Picot del 1916, con la creazione di "Mandati", spartiti con la Francia (in Siria, Iraq, Libano, Palestina, Transgiordania), le cui conseguenze si fanno sentire drammaticamente tutt'oggi. Nel 1921 la Gran Bretagna concesse l'indipendenza all'Iraq, ma sotto il governo di Re Faisal; nel 1924 fu dichiarato Stato Sovrano e nel 1932 potè firmare non solo un Trattato con la Gran Bretagna, in cambio di lucrosi affari, ma fu il primo paese arabo ad entrare nella Lega delle Nazioni, antesignana dell'ONU. Nel 1925 l'inglese "Iraq Petroleum Company" otteneva dal governo le prime concessioni petrolifere, favorite dalla costruzione dell'oleodotto Kirkuk-Tripoli (in Libano) nel 1938. Quell'odore di petrolio mai cessato continua ad alimentare anche oggi la miscela micidiale di una guerra annunciata.

Più pacifica, suggestiva e romanticamente avventurosa la scoperta del secondo giacimento iracheno, quello archeologico, il cui simbolo, covato per secoli nella psicologia collettiva, era la biblica Torre di Babele, potentemente rappresentata nella tela di Brueghel il Vecchio, conservata nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. Le sue rovine furono disegnate nel 1582 da Leonard Rauwolf di Augsburg e dall'avventuriero italiano Piero della Valle, che sposò una fanciulla baghdadense - Sitti Maani - nel 1614.

Il Rauwolf la descrive così: «Si scorge ancora… ma è talmente ruinata e distrutta che non si può dire alta; inoltre è talmente invasa dagli insetti nocivi, che non si può proseguire… tra questi si trovano certi piccoli animali che vengono chiamati con il nome persiano di "eglo", i quali sono molto velenosi [scorpioni?], più grandi delle lucertole e hanno tre teste».

La presenza inglese nel paese favorì comunque la ricerca archeologica (interessata, poiché gli oggetti ritrovati erano spediti in Gran Bretagna) e fra 1811 e 1817 Claudius James Rich scopriva le rovine di Babilonia e nel 1825 il British Museum acquistava le prime celebri tavolette d'argilla scritte in caratteri cuneiformi e ottocento manoscritti. Si cercò anche di favorire l'accesso al paese e alle aree archeologiche, sempre difficile e rischioso, con la creazione di una piccola flottiglia di piroscafi, che avrebbe dovuto risalire l'Eufrate, ma proprio il primo viaggio fu funestato da una terribile tempesta e tromba d'aria, che causò l'affondamento di uno di essi: il Tigri, con il prezioso carico di oggetti archeologici.

Una ricostruzione del Palazzo del Re Sargon

  

I primi scavi furono però condotti dal francese Paul Emile Botta nel 1842, il quale ritrovò il Palazzo del Re Sargon (710 a.C.) con i celebri mastodontici tori alati con le teste barbute, che giunsero, dopo grandi peripezie al Louvre. Ma la parte del leone continuarono a farla gli Inglesi, fra cui Austen-Henry Layard, che ebbe la fortuna di scoprire a Ninive il Palazzo del Re Assurbanipal e a Nimrud il Palazzo di Assurnasirpal II (884-859 a.C.) e quello di Sennacherib (705-681 a.C.), pieni di tesori e sculture monumentali, fra le quali un toro e un leone alato con teste umane, in alabastro; l'Obelisco "nero" di Salmanassar II (859-824), alto quasi due metri, con scene scolpite della vita del Sovrano e i popoli vinti (con i loro doni e i tributi: sbarre di metallo, oro, argento, vasi), fra cui il Re della Giudea; il cosiddetto "Codice di Hammurabi" (2000 a.C.) iscritto su basalto; gli eccezionali battenti in bronzo del Palazzo di Salmanassar II, alti 6 metri, con scene e rilievi.

Assurbanipal

 

Ma la scoperta più affascinante fu soprattutto la "Biblioteca" del Re Assurbanipal, ritrovata a Ninive da Hormurd Rassam, composta da centinaia e centinaia di tavolette di argilla, decifrate da George Smith, su alcune delle quali era riportata l'Epopea di Gilgamesh scritta prima di Omero e della Bibbia, in cui è raccontata per la prima volta la storia celeberrima del Diluvio Universale. Tutto questo ben di Dio, patrimonio culturale, storico e documentario dell'Iraq, è oggi conservato nel British Museum di Londra, il cui atteggiamento bellicoso nei confronti di quel paese dovrebbe almeno essere mitigato dal debito di gratitudine per le spoliazioni effettuate. Ma non è finita.

Spinti dal successo di scoperte così fortunate ed insperate, anche i Tedeschi, organizzati dalla Società Orientale Germanica, si recarono a scavare in Iraq, scoprendo nel 1899, a Babilonia, il superbo Palazzo di Nabucodonosor, la Porta di Ishtar, la Strada delle Processioni, il Ponte sull'Eufrate, le Mura di cinta della favolosa città antica, difese da trecento torri. La Porta di Ishtar con le sue murature in mattoni invetriati, decorati da oltre cento leoni e tori smaltati e le figure del drago di Babilonia, il "Sirrush", simile alla chimera, negli splendidi colori azzurro e giallo, è la principale attrazione del Museo Archeologico di Berlino nel Museum Insel (Isola dei Musei). La "Porta della Pace" ha indotto i Tedeschi a più miti consigli.

Gli Inglesi continuarono il saccheggio, a dire il vero, assecondati anche da una fortuna incredibile, con la scoperta dell'eccezionale complesso delle Tombe dei Re a Ur, la più antica città del mondo, patria di Abramo, ad opera di Sir Leonard Wolley fra 1922-1934. Favolosi tesori in oro, argento, alabastro, mosaico, fra cui le celebri arpe, i gioielli estratti dalle innumerevoli sepolture e soprattutto il cosiddetto "Stendardo di Ur" (2500 a.C.), una sorta di Libro illustrato con scene della vita del Sovrano, composto di figure fatte di conchiglie e lapislazzuli incastrati nell'asfalto, raggiunsero ancora una volta il Museo londinese. «I lineamenti di storia della più antica civiltà umana, i cui influssi furono così grandi da influenzare ancora la vita e il pensiero dei nostri giorni» (C.W. Ceram), non sono evidentemente ritenuti così importanti, da poter essere cancellati d'un colpo sotto la gragnuola di proiettili micidiali e devastanti, che si prepara ad abbattersi soprattutto contro la comune civiltà mediterranea. 
  

  

  

©2002 Nino Lavermicocca. Articolo apparso prima del febbraio 2003 su «Paese Nuovo» (quotidiano pugliese allegato a «l'Unità»), e qui ripresentato con il consenso dell'autore

  


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