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di VALENTINO NECCO

La battaglia di Legnano (1176) in un dipinto di A. Cassioli: sui combattenti campeggia il Carroccio.

  

Padania: che questa parola sia ormai entrata nel linguaggio comune è un dato di fatto inconfutabile. Meno chiaro è se esista una definizione univoca di Padania. Le innumerevoli polemiche in proposito starebbero a dimostrare di no, e addirittura si è ipotizzato che questa parola nasconda non un'entità reale, ma un'astrazione senza senso. Come accade spesso, la verità probabilmente sta nel mezzo. Anche in questo caso, infatti, l'esistenza stessa di un ampio ed esteso dibattito dimostrerebbe che l'oggetto del contendere è in qualche misura reale.

Va ad ogni modo ricordato che il concetto di "Padania" è venuto alla ribalta della scena politica e culturale solo da qualche anno, grazie a un partito, la Lega Nord, e di tutto il movimento che ne segue e sostiene l'azione. Questa precisazione non solo per dovere di cronaca, ma perché è praticamente impossibile prescindere da questo punto di partenza, non avendosi storicamente riscontri evidenti e inequivocabili di una Padania (o di un'idea di Padania) in quanto tale: si tratta per l'appunto di una novità piuttosto recente.

è quindi indispensabile considerare la definizione attuale di Padania per verificare se nel corso della storia si sia dato qualcosa di corrispondente. Esula tuttavia dalle competenze e dalle possibilità di questo articolo lo stabilire la legittimità politica e giuridica del concetto di Padania come istituzione nazionale contrapposta allo Stato italiano. Più modestamente ci si propone di verificare dal punto di vista storico se sia rintracciabile nel corso dei secoli un'entità unitaria definibile col nome di Padania. Del resto, un'eventuale "identità padana" può sussistere indipendentemente da un suo fondamento storico: daremo per buono, qui, un punto sul quale in realtà non esiste una totale conformità di opinioni, ma attorno al quale si è formato comunque tra gli studiosi contemporanei un consenso significativo, e cioè che quello che importa di una comunità (e che la fa tale) non è ciò che essa è ma ciò che crede di essere.

In questo senso storia, geografia, ed anche lingua, cultura e origini etniche comuni sono strumentali rispetto alla percezione che una comunità ha di sé, e in particolare rispetto all'elemento fondamentale della volontà, che integra e valorizza tutti gli altri. La Padania, dunque: di cosa si tratta veramente? Dal punto di vista strettamente geografico, essa coincide indubbiamente con la pianura padana o, meglio, con il bacino idrografico del Po. Si tratta a prima vista di una regione geograficamente piuttosto ben definita, ma le cose sono in realtà meno semplici di quel che sembra. Se si tenta infatti di stabilirne con precisione i confini, il criterio fisico-geografico si rivela insufficiente, e si è costretti a rivolgersi una volta ancora a elementi distintivi come storia, lingua o cultura. L'intero arco alpino, ad esempio, costituisce senza dubbio un confine naturale molto netto ed evidente rispetto all'Europa continentale, ma paradossalmente si tratta, dal punto di vista delle popolazioni che ne abitano i versanti, più di un elemento di unione che di una barriera.

Cosa divide e cosa unisce un abitante della valle del Rodano da un suo vicino valdostano, e quest'ultimo da un abitante del Polesine? La risposta non è affatto scontata. Abbastanza incerto è anche il confine nelle aree di costa, sia a est che ad ovest. Se consideriamo come Padania le attuali otto regioni del nord-Italia, vediamo come i suoi confini cambino virtualmente a seconda che si usi di volta in volta il criterio geografico, storico o linguistico. Ogni criterio porta di volta in volta a includere o escludere dalla Padania aree differenti, e la sovrapposizione di questi criteri dà luogo ad una serie assai numerosa e problematica di eccezioni. La zona di Nizza, parte dell'Istria, il Canton Ticino, i paesi grigionesi di lingua romanza, solo per citare alcuni esempi, sono aree esterne agli attuali confini della Repubblica italiana che a vario titolo e grado potrebbero essere incluse in un'ipotetica nazione padana. Lo stesso ragionamento vale per alcune zone della Toscana e delle Marche. Specularmente, varie aree del Friuli e del Trentino-Alto Adige, numerose comunità di lingua provenzale o franco-provenzale (valli del cuneese), le valli di Lei e di Livigno, difficilmente, nonostante la collocazione geografica, si potrebbero considerare padane.

Particolarmente complesse sono poi le situazioni delle zone linguistiche miste e delle numerose isole linguistiche esistenti nel nord-Italia (Walser, Cimbri e Mocheni, ecc.). Emblematico è il caso delle comunità ladine, isole linguistico-culturali divise fra tre diverse province a loro volta linguisticamente divise (italiano e tedesco) e che hanno rapporti di connessione assai diversi con la cosiddetta Padania. Lo "status" padano di tutte le aree citate ad esempio dovrebbe dunque dipendere, al di là della collocazione geografica, - unico elemento inequivocabile - dal grado, se così si può dire, di partecipazione ad una storia, una lingua e una cultura "padana". Siamo così giunti al cuore del nostro problema, poiché l'esistenza di una lingua e di una storia unitaria della Padania è ancora tutta da dimostrare.

Quanto alla lingua, è argomento che sfugge anch'esso alle competenze di questo articolo, ma è probabile che le stesse difficoltà riscontrate nella definizione di un'entità geografica padana si riscontrino anche nella definizione di una Koinè padana. Esistono in verità studi minori che ne sostengono l'esistenza, e in effetti alla crisi del latino classico e alla sua frammentazione corrispose la nascita di un latino parlato che gli storici della lingua chiamano "gallo-italico", dai caratteri comuni in tutta la valle padana e distinto dalle altre parlate della penisola. Tuttavia il processo di differenziazione linguistica proseguì anche all'interno della vasta area padana e la base comune non impedì di fatto il formarsi di dialetti assolutamente incomprensibili l'uno all'altro. Lo sviluppo linguistico non è stato unitario nemmeno all'interno delle singole regioni, tanto che - fenomeno pressoché unico in Europa - esistono numerose varianti lessicali tra dialetti di zone molto vicine geograficamente.

La parentela che esiste tra il dialetto di Cuneo e quello di Rimini piuttosto che di Pordenone risulta perciò così lontana da impedire il formarsi di un'identità padana contrapposta al resto della penisola solo su base linguistica, oggi in modo particolare, dopo che attraverso la scolarizzazione di massa e la diffusione della tv (processi storici oggettivi di cui va tenuto conto, qualunque giudizio se ne dia) l'italiano ha retrocesso i dialetti in una posizione secondaria e marginale. Per il resto, è evidente che non è possibile scorrere se non in modo superficiale l'immenso arco di tempo che va dal dissolvimento dell'Impero romano ai giorni nostri. D'altronde non è nemmeno possibile restringere il campo di indagine ad un periodo più ristretto, privilegiando arbitrariamente un dato momento storico rispetto ad un altro. Data una definizione approssimativa di "Padania" (abbiamo visto bene quali siano le difficoltà a stabilirne una chiara e inequivocabile) proveremo dunque a "fotografare" una serie di momenti storici significativi, cercando di coprire tutto l'arco di tempo considerato. La domanda cui cerchiamo di rispondere sarà quindi più o meno questa: se consideriamo "Padania" il bacino idrografico del Po (ovvero tutta l'area non peninsulare dell'Italia), è mai esistito un momento storico in cui questa entità fisico-geografica è stata anche un'entità politica o sociale unitaria, dotata di una sua realtà autonoma e distinta dal resto dell'Italia e dell'Europa? In altri termini, è mai esistito prima d'ora un senso d'appartenenza a una collettività definibile come "popolo padano" o qualcosa di simile?

Volendo adottare un paragone forse fin troppo sfruttato, è lecito e soprattutto è possibile considerare dal punto di vista storico e culturale la Padania alla stessa stregua della Scozia, l'una distinta dall'Italia così come l'altra viene distinta dall'Inghilterra? Restringiamo allora lo sguardo alla sola "Padania": al tempo della massima espansione dell'impero romano (II secolo) quella che potrebbe essere considerata la più lontana "antenata", la cosiddetta "Gallia Cisalpina", un tempo abitata da popolazioni diverse di origine celtica, è ormai completamente romanizzata ed assorbita dalla cultura latina (lingua, strutture sociali, politiche, giuridiche ed economiche).

Nel 526, alla morte di re Teodorico, il dissolvimento dell'Impero è
pressoché compiuto. L'Europa occidentale è divisa tra i regni romano-barbarici dei Franchi, dei Vandali, dei Visigoti, degli Ostrogoti e dei Burgundi. La "Padania" non si distingue dal resto della penisola italiana che fa parte, assieme al sud della Francia e (approssimativamente) alle attuali Slovenia e Croazia, del regno degli Ostrogoti. Parte dell'attuale Piemonte è invece territorio del regno dei Burgundi, che diventerà in futuro la Savoia.

Diamo ora un'occhiata all'Italia alla fine del VI secolo: la troviamo divisa in maniera frammentaria tra possedimenti longobardi e bizantini: la valle padana è occupata dai Longobardi e il nome Lombardia sta a designare tutta la pianura padana. Il periodo longobardo è in effetti un momento molto importante di unità, e significativamente lungo, ma quanto la lontana eredità longobarda contribuisce oggi a formare un'eventuale identità padana? Come valutare le notevoli eccezioni costituite da Venezia, dall'Esarcato e dalla Pentapoli? Come considerare l'esistenza dei due grandi ducati longobardi di Spoleto e Benevento, che comprendevano buona parte dell'Italia centro-meridionale?

Certamente i Longobardi hanno lasciato una traccia importante, e ancora oggi sono di uso corrente termini di origine longobarda, ma da qui a farne il fondamento storico di un'ipotetica nazione padana il passo è lungo. Abbiamo già accennato alle eccezioni geografiche; un altro argomento "contra" non indifferente è dato dalla grande distanza che ci separa da quel periodo. Distanza non puramente cronologica, ma storica: numerosissimi e notevolissimi sconvolgimenti politici e sociali hanno cambiato il volto della pianura padana, altre invasioni e altre dominazioni hanno cambiato a più riprese (e in modo eterogeneo rispetto al territorio) la cultura delle sue popolazioni. Nel dialetto di Milano non sono infrequenti echi del francese: ma tanto poco un milanese si sente francese quanto un "padano" di oggi si sente - crediamo - longobardo.

Alla dominazione longobarda seguì quella dei Franchi. Alla morte di Carlo Magno la "Padania" - sempre con l'eccezione di Venezia - è parte del regno d'Italia, a sua volta parte dell'immenso Sacro Romano Impero. Essa non sembra avere, all'interno di questo, nessuna realtà autonoma, almeno a livello politico. Dissolto anche l'impero carolingio, tutta l'Europa vede crescere una miriade di poteri locali e privi di stabilità, e il quadro è aggravato dalle nuove invasioni "barbariche" (ungari e normanni, e - da sud - i saraceni). Da allora fino al secolo XIX la storia della "Padania" sembra essere soprattutto una storia di divisioni. Non è questa la sede per esaminare nel dettaglio le profondissime trasformazioni dell'assetto sociale e politico europeo che ebbero luogo nel Medioevo. Quello che per noi è degno di nota è la frammentazione del potere, fenomeno che per l'Italia rappresenta una sorta di fil rouge che attraversa più di un millennio di storia. Già lo stesso Carlo Magno, infatti, non governò un impero unitario, ma un sistema feudale vasallatico diviso in marche, contee e signorie indipendenti. Il passaggio dal sistema feudale a quello dei comuni, straordinario e per certi versi rivoluzionario capitolo della storia europea, è in ogni caso così complesso da non poter essere trattato che di sfuggita.

Dalla fine del X secolo al XII il fenomeno della frantumazione del potere progredisce continuamente. Nell'Italia del nord, tuttavia, lo sviluppo comunale ha caratteri peculiari rispetto al resto d'Europa, ove gli attori principali del cambiamento sono i mercanti-imprenditori, esponenti della nascente borghesia, che hanno l'obbiettivo di creare isolotti borghesi chiusi alla campagna circostante. In Italia (specialmente in Lombardia e in Toscana) i protagonisti sono ancora gli esponenti inurbati dell'aristocrazia fondiaria: la campagna è considerata funzionale alla città, ne costituisce il territorio, e questo legame porta alla creazione di vere e proprie città-Stato. Ancora una volta proviamo a chiederci se è possibile scorgere in questo periodo storico un momento di unità dell'Italia settentrionale tale da poter essere considerato come fondamento storico di una attuale "Padania".

Da un lato, notiamo subito che il rapporto tra molte città-Stato con mire espansionistiche sui territori limitrofi era fatalmente destinato ad essere conflittuale, e in questo senso sembra molto difficile parlare di unità. Dall'altro è proprio nella seconda metà del 1100 che il conflitto tra impero e comuni dà luogo alla formazione di leghe comunali in funzione anti-imperiale. E' del 1164 la cosiddetta lega veronese, che raggruppava Venezia, Verona, Padova e Vicenza. Storia nota è quella della lega lombarda, nata il 1° dicembre 1167 attorno alla leadership di Milano e in cui confluivano anche città emiliane e venete.

Alberto da Giussano.

   

Del 1176 è la battaglia di Legnano, in cui la "compagnia della morte" guidata da Alberto da Giussano sconfigge le armate di Federico Barbarossa. Ci muoviamo qui su un campo minato, se è vero che gli odierni movimenti secessionisti proprio da queste vicende hanno attinto la loro simbologia più cospicua. Alberto da Giussano, il Carroccio, il nome stesso di Lega Lombarda, hanno assunto un significato simbolico che va al di là del fatto storico in questione. Anche in questo caso, per un verso l'attribuzione di un valore simbolico a questo momento storico pare del tutto legittima: si trattò incontestabilmente di un momento di forte unità e di grande solidarietà tra città padane. D'altro canto, una attenta analisi critica ci svela subito diverse incongruenze. Se di unità si trattò, essa fu contingente e legata all'esistenza di un nemico comune, l'impero. Soprattutto essa non fu sentita allora come contrapposta al resto d'Italia. Alleato della lega era il papato (Il patto della Lega fu infatti concepito e formalizzato in Ciociaria; ad Anagni, da un pontefice inglese, Adriano IV (vedi qui la storia. E si chiama appunto primo e secondo Pactum Anagninu. Ndr.) mentre altre città padane erano rimaste fedeli al Barbarossa. La città fortificata di Alessandria, fondata nel 1168 e così chiamata in onore del papa Alessandro III, fu edificata a danno di Pavia e del Marchese del Monferrato.

Se con un salto di un paio di secoli corriamo al Trecento, ci troviamo davanti ad un quadro di maggior concentrazione territoriale: al posto dell'Italia dei "cento Comuni", abbiamo solo sei potenze. Nel Nord-Italia fa la parte del leone la città di Milano (che sotto i Visconti conosce - con alterne fortune - momenti di notevole espansione). è il periodo in cui cominciano a svilupparsi gli stati regionali: i ducati di Milano e di Savoia, le repubbliche marinare di Genova e Venezia, la repubblica di Firenze. E' comunque un periodo di alta tensione politica e militare, e di tutto si può parlare tranne che di unità. Un altro grande salto per fotografare l'Italia del 1492, data che per convenzione segna il passaggio dal Medioevo all'età moderna: balza agli occhi la notevole frammentazione politico-territoriale, che ritroveremo pressoché invariata per almeno tre secoli ancora. Frammentazione ancor più notevole se si considera che dal Cinquecento cominciano a svilupparsi i grandi stati nazionali.

Questa peculiarità si presta a giudizi ambivalenti: spesso la si considera come prova dell'artificiosità forzata del processo di unificazione nazionale, ma identica obiezione in tal senso si può fare alla pretesa unità della Padania, essa stessa, per secoli, tutt'altro che unita. Dal Cinquecento la cronica, conclamata debolezza degli staterelli della intera penisola italiana ne farà terra di conquista per le potenze straniere. La Repubblica Cisalpina o il Lombardo- Veneto (oltre a costituire solo una porzione della "Padania") rappresenteranno momenti sì di unità, ma relativa, poiché imposta dall'esterno da una potenza nemica.

Siamo così giunti, a prezzo di qualche inevitabile semplificazione, alle soglie dell'unità d'Italia. Abbiamo trovato, così ci pare, qualche piccola traccia ma nessun riscontro chiaro ed inequivocabile ne' della Padania ne' di un'aspirazione comune dei popoli padani ad un'unità separata dal resto d'Italia.

Sul Risorgimento e sul carattere "non spontaneo" del processo di
unificazione nazionale esiste una letteratura sterminata. Da molti ormai è stato dato - giustamente - risalto all'aspetto di espansione militare da parte del Piemonte: conquista del resto d'Italia da parte dei Savoia, dunque, più che vera e propria unificazione. Come abbiamo già visto, tuttavia, il carattere artificioso dell'Unità d'Italia non implica affatto l'esistenza della Padania. Del resto, al di là degli interessi espansionistici del Piemonte di Cavour, l'aspirazione all'unità benché patrimonio di un'elite minoritaria, era forte e diffusa, e carica di tensioni.

Ironia della sorte, tra le figure adottate simbolicamente durante le lotte
risorgimentali, compariva proprio quella di Alberto da Giussano.

   

  

©2005 Valentino Necco; articolo pubblicato nel sito Storia in Network (e qui ripresentato con il consenso dell'editore e direttore responsabile di quel sito, Franco Gianola) e segnalato da Marco Brando.

  


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