di DOMENICO ASPRELLA

Valle dei Greci, Valle d'Ucio

   

C’è un’area, da sempre chiamata dai contadini della zona Valle dei Greci –  comprendente le località Monte e Ucio, in territorio di Montalbano Jonico – che in tempi remoti ha visto il passaggio di popoli e stirpi che hanno fatto la storia antica della Lucania.

Oggi questo è un fertile territorio con una florida agricoltura, le cui aziende attuano prevalentemente colture cerealicole e intensive specializzate accompagnate dalla pratica della pastorizia. La Valle dei Greci è ubicata a nord-nord/est del Comune di Montalbano Jonico (MT), confina a nord con l’alveo del fiume Cavone, a sud con la masseria Sardella, ad est con la masseria Iannuzziello e il fosso d’Ucio e ad ovest con la sommità del colle Monte (223 mt. s.l.m.).

L’area è stata spesso interessata da notizie storiche e archeologiche non ufficiali, rese ancora più importanti dalla scoperta, in questo luogo, delle Tavole bronzee di Eraclea (IV secolo a.C.), uno dei documenti scritti più rilevanti del panorama archeologico italiano.

Così con la spinta di queste notizie ho cercato di capire di che tipo fosse la loro portata, servendomi soprattutto di ricognizioni superficiali nell’area, arricchendo la ricerca con fonti orali. Il risultato dei colloqui avuti con gli attuali proprietari dei terreni di Ucio è stato di fondamentale aiuto [1].

In particolare il sig. M. Sardella ha raccontato come in periodi diversi del Novecento siano avvenuti numerosi ritrovamenti archeologici, soprattutto ad opera di contadini ignari del valore scientifico, storico e culturale che i medesimi reperti racchiudevano, e che le autorità competenti non avevano mai preso in esame ai fini di uno studio tecnico. Tra l’altro si trattava di materiale di cui, allo stato attuale, si è persa ogni traccia!

Una prima importante informazione ha riguardato il recupero presso il fosso S.Vito (affluente del fosso d’Ucio), di due pietre recanti, entrambe, la lettera omega incisa, il cui presumibile significato era quello di “limite”, probabilmente in riferimento ad un termine di confine: si tratta forse di un primo chiaro indizio di una presenza greca.

Inoltre lungo la valle del fosso d’Ucio non sono mancati rinvenimenti di manufatti, ad una trascurabile profondità dalla superficie, riconducibili a forme rettangolari e circolari, in uso ancora oggi, di reimpiego, nelle campagne, come abbeveratoi per animali e mortai.

I ritrovamenti sono proseguiti regolarmente nel tempo, ma mai denunciati dai fortuiti scopritori se non in qualche caso: la conseguenza è che di questi oggetti, come già detto, si è perso ogni indizio.

A contribuire in maniera determinante alla dispersione in superficie dei reperti è stato l’uso dei pesanti mezzi agricoli, necessario alla intensa trasformazione agraria del territorio in epoca contemporanea; si ha notizia tra l’altro che tra gli oggetti presenti numerose erano le anforette dipinte, sebbene non si sappia di che tipo e di che genere, ma testimonianti frequentazione antica: erano pertinenti ad una necropoli, ad un abitato o semplicemente a fattorie? è verosimile riferirle all’età antica e/o al medioevo?

Non è tutto. Sempre a valle, un piccolo scheletro era stato trovato in un vaso: si trattava evidentemente di una sepoltura ad enchytrismòs, tipicamente greca e da datare, secondo la classificazione del Carter, tra il 575 e il 525 a.C. [2].

Altre sepolture furono trovate dai contadini nelle vicinanze del fosso d’Ucio, mentre in prossimità di una zona franata di Cozzo Cavallo [3], circa trent’anni fa, vennero fuori scheletri interi, raccolti e poi buttati via dagli ignari scopritori.

Tra le tombe ritrovate presso le colline di Ucio, più di cinquant’anni fa,  una conservava tre corpi: tra i contadini locali si tramanda questo evento, quasi una leggenda locale, per il fatto che furono identificati come quelli di un uomo, di una donna e di un bambino: una famiglia?

L’area è favorevole a questo tipo di ritrovamenti: è ricca d’acqua, è nei pressi di un fiume, è fertile, è adatta al pascolo ed è nelle vicinanze di quello che pare essere il confine antico tra il territorio di Metaponto e quello di Siris-Eraclea.

Oggi in queste contrade – Ucio e Monte -  l’acqua scorre nei cosiddetti fossi e nei ruscelli sparsi un po’ dappertutto, tanto che affiora in più punti in superficie, persino lungo i tratturi: a conferma dell’abbondanza d’acqua nella zona va sottolineata inoltre la presenza dei ruderi di un mulino al di là delle alture d’Ucio, nei pressi della sorgente del fosso che per tal motivo è detto del Molino Nuovo.  

  

Cozzo Cavallo

Un luogo della Valle dei Greci che conserva molte tracce archeologiche è l’area di Cozzo Cavallo in località Monte, altura di natura argillosa a circa 220 mt. s.l.m. che si affaccia sulla valle d’Ucio, ricoperta in più punti da arbusti di macchia mediterranea.

Essa è costituita da un picco rivestito completamente di lentisco e rovi, che si affaccia sulla piana del fosso d’Ucio, e da un pianoro più interno, dal quale è possibile avere un'ottima visuale delle vallate circostanti.

Cozzo Cavallo, pianoro

  

Il pianoro

L’area a nord del picco, il pianoro, ha una superficie di circa 5 ettari (sebbene buona parte è franata), sul cui terreno, arato e messo a coltura seminativa, affiorano numerosi frammenti ceramici e ciottoli di fiume.

Sono costituiti, per lo più, da pezzi di tegole e coppi, frammenti piuttosto “rozzi” di pareti, orli e anse di recipienti di grandi e piccole dimensioni.

A giudicare dal colore su entrambi i lati e dal tipo di curvatura dei cocci, nonché dagli orli, la quantità di forme sia di tipo aperto sia di tipo chiuso è pressoché uniforme; nello specifico, tra quelle chiuse non mancano le forme globulari. Lo spessore dei frammenti è tra i 10 e i 20 mm.

In qualche caso le impronte presenti sui cocci sembrano essere quelle tipiche dell’uso del tornio. Il colore dell’impasto è arancio-rossiccio.

Queste evidenze permettono di ipotizzare una frequentazione umana sull’altura e, a giudicare dal tipo di ceramica, di origine medievale: sicuramente la tipologia non è greca [4] né romana [5], ma può avvicinarsi molto a quella medievale dell’Italia meridionale [6].

Non resta da chiedersi quale sia il collegamento tra questi frammenti e il pianoro. Le tegole e i ciottoli lasciano credere a costruzioni abitative. Che si tratti di un borgo altomedievale? O di un piccolo insediamento rurale? O semplicemente di case di campagna? Qualora il pianoro abbia ospitato un insediamento questo sarebbe stato giustificato dalla sua posizione geografica, poiché collocato su un’altura protetta, posta a circa 220 mt. s.l.m. a controllo delle vallate e delle colline circostanti e nei pressi dei corsi d’acqua interni e del Cavone, il fiume più importante della zona.

Al riguardo non si possono nemmeno dimenticare i percorsi della transumanza (pratica effettuata da sempre nella Valle dei Greci) che ancora oggi confluiscono in quest’area e che in età antica e medievale avrebbero svolto anche il ruolo importante di vie di comunicazione [7].

Picco di Cozzo Cavallo

   

Il picco

La parte del pendio del pianoro rivolto a nord è attualmente coltivata con frutteti e grano, mentre quella a sud, ai cui piedi scorre il fosso del Molino Nuovo, è disseminata di grossi blocchi di conglomerati, per cui è difficile in questi punti fare una buona ricognizione superficiale.

Tuttavia è sul picco - rivolto ad est, verso il mare – dove si sono avute le più importanti novità: incustodite e sconosciute alle autorità competenti numerose lastre tombali, quasi interamente distrutte e coperte dalla macchia mediterranea, hanno chiaramente svelato la presenza di una necropoli. Qui le tombe probabilmente superano abbondantemente la quindicina, sempre che, ancora sepolte, non ce ne siano altre.

Molte sepolture, devastate dall’azione dei tombaroli, sono poi cadute giù dal “cozzo” per cause antropiche o naturali, come già detto per  gli scheletri.

Si tratta di tombe a fossa terragna, probabilmente con cassa lignea (oggi scomparsa), sormontate da lastre irregolari di pietra arenaria, molto diffusa sui colli ionici lucani.

Purtroppo, completamente sconvolte e manomesse oltre che interamente ricoperte dalla macchia mediterranea, sono state difficili da identificare. Ciononostante, grazie all’indicazione di contadini e pastori, che ancora fanciulli assistettero all’azione di alcuni tombaroli è stato possibile conoscere il luogo esatto, la natura e dedurre  l’origine delle sepolture. Si tratta di tombe molto povere, prive di qualsiasi corredo, tranne una in cui è stato trovato un anello ad un dito, peraltro molto semplice.

 

A sinistra, Cozzo Cavallo, necropoli: elementi di copertura delle tombe. A destra: fossa ed elementi di copertura di una tomba.

  

Il motivo per cui il cimitero fu posto in alto e in direzione del mare - non molto distante - fu dovuto, probabilmente a motivi igienici: la brezza marina rende ventilato questo punto, riportando aria “pulita”.

Tuttavia un’informazione fornitami dal medesimo proprietario dei terreni a valle potrebbe spiegare la presenza della necropoli: egli disse che il casolare da lui adibito a deposito, ai piedi dell’altura di Cozzo Cavallo, molti decenni fa, prima che il padre acquistasse quei terreni, era una chiesa.

Per concludere, escludendo che si tratti di tombe greche, lucane o romane - soprattutto per la tipologia e la mancanza di corredo [8] - ci sarebbero una serie di fattori per considerarle medievali:

1-     i frammenti ceramici trovati sul pianoro del Cozzo;

2-     la chiesa esistente (ormai da molti decenni solo un deposito) ai piedi del medesimo Cozzo;

3-     il tipo di tombe, prive di corredo e con coperture molto semplici in lastroni irregolari di pietra arenaria;

4-     il materiale di copertura prelevato nelle immediate vicinanze, come invece non accadeva con i Greci dell’età classica.

Non resta che determinare l’età precisa di questa presenza umana, che, come sembra, nell’area è esistita per lo meno dall’età antica [9].

Nello specifico la datazione potrebbe essere posta nell’età greca bizantina.

Questa collocazione cronologica mi sembra opportuna per tre motivi: assodato che i resti archeologici sono medievali, il “romantico” nome di Valle dei Greci forse non è un caso; le due lettere (omega) incise su pietra ritrovate nelle immediate vicinanze di questo sito sono greche; la toponomastica di molti luoghi prossimi al nostro hanno una chiara origine greco-bizantina, come S. Teodoro, S. Nicola, Acenapura, Andriace, S. Basilio.

   

  

NOTE

1  Colloqui amichevoli e cordiali con il sig. Mario Sardella e con il dr. Antonio Agneta.

2  J. C. Carter, The Chora of Metaponto. The Necropolis I-II, Austin 1998.

3  Il “cozzo”, presso i dialetti locali, indica un’altura. In questo caso è un’altura che si affaccia sul fosso del Molino Nuovo, affluente di sinistra del fosso d’Ucio.

4  G. PUGLIESE-CARRATELLI, Magna Grecia. Arte e artigianato, Milano 1990.

5  Atlante delle forme ceramiche I e II. Ceramica fine romana nel bacino mediterraneo, EAA, Supplemento, Roma 1981-1985.

6  M. R. SALVATORE, La ceramica altomedievale nell’Italia meridionale, in ArchMed IX, 1982, pp. 47-66.

7  L. QUILICI, Siris-Heraklea, in Forma Italia, Regio III, I, Roma 1967, pp. 215-216.

8  A. BOTTINI, Armi. Gli strumenti della guerra in Lucania, Bari 1993; DE JULIIS, Metaponto, Bari 2001, pp. 120-121.

9  L. QUILICI, cit.

   

      

©2006 Domenico Asprella.

   


torna su

Pre-testi: Indice

Home